Calcio Catania, fine anno sognando la cessione Ma la partita sulle condizioni è ancora aperta

«Sigi e il gruppo Tacopina hanno raggiunto l’accordo per la cessione del Calcio Catania. Le parti hanno fissato la data del 9 gennaio 2021 per l’esecuzione dell’accordo». Scriveva così appena pochi giorni fa l’avvocato e presidente di Sigi spa Giovanni Ferraù, mettendo la parola fine a una telenovela che aveva spostato il proprio set dalle aule dei tribunali alle stanze degli avvocati. In mezzo, immancabili colpi di scena, storia d’amore e di tradimenti. Eppure, ancora una volta, sembra che quel messaggio possa considerarsi più come un punto e a capo. A mancare potrebbe essere infatti una parte di storia ancora lunga da raccontare e che avrà la sua prossima puntata giorno 5 gennaio, con una riunione di soci e sottoscrittori della Sigi. Tutti uniti, a quanto pare, da una sola certezza: cedere all’avvocato italo-statunitense Joe Tacopina. Anche perché, con la prima tranche di pagamenti dei debiti prevista per fine gennaio, la scelta è quasi obbligata per tutti.

Eppure si è ancora una volta divisi sulle condizioni dell’accordo. Ormai la strada sembra essere tracciata: la vendita del cento per cento delle quote, poi il rientro di alcuni soci entro tre mesi. Il problema starebbe però nei tempi di recupero delle cifre investite dagli imprenditori locali. La proposta del gruppo Tacopina, infatti, sarebbe quella di congelare i soldi dell’acquisto in un fondo dedicato: da sbloccare al 50 per cento in due momenti diversi, in base alla certificazione da parte dell’agenzia delle entrate dei debiti dichiarati finora, cioè 5,5 milioni di euro. Qualora il reale ammontare dovesse superare questa cifra, la differenza verrebbe scalata dal prezzo di vendita e quindi, in sostanza, ricadrebbe come spesa su Sigi.

Eppure, all’ultima riunione di lunedì scorso, pare che l’accettazione sia stata messa nera su bianco e firmata da tutti. In un apposito verbale che in origine, almeno secondo alcuni, era solo un foglio presenze. Un’accortezza che potrebbe risultare necessaria quando si tratta di dover mettere insieme 25 persone, tra soci di fatto e sottoscrittori. Un gruppo che non combacia con quello iscritto nei documenti della Camera di commercio e con diversi nomi noti che però non sarebbero mai entrati formalmente in società, ma avrebbero solo investito cifre come futuro aumento di capitale, una sorta di acconto, in alcuni casi decisamente sostanzioso con centinaia di migliaia di euro. Eppure tutti dovrebbero essere invitati all’assemblea di giorno 5, in attesa di capire cosa porterà la Befana.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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