Business termovalorizzatori: spunta un giro di tangenti da 38 milioni

Un giro di tangenti legato all’affaire dei termovalorizzatori siciliani?  Il sospetto non è mai mancato per quello che si annunciava come uno dei più grossi business da realizzare nell’Isola. Un sospetto che c’è chi ha messo nero su bianco.  Come riporta stamattina il sito del Sole 24 ore, in un articolo firmato da Nino Amadore e Giuseppe Oddo,  infatti, Ernst & Young, aveva lanciato l’allarme:

“Non possiamo escludere azioni di corruzione ed eventi penalmente rilevanti nell’ambito delle trattative connesse ai progetti siciliani” scrivono gli analisti della società di revisione in un report che le era stato commissionato da Gea, il colosso tedesco quotato in Borsa che avrebbe dovuto fornire chiavi in mano, con l’italiana Pianimpianti, tre dei quattro maxi-inceneritori che avrebbero dovuto produrre elettricità bruciando rifiuti.

“Il primo ad accorgersi delle anomalie presenti nel cosiddetto Progetto Sicilia – leggiamo sul sito del quotidiano economico- fu l’allora sostituto procuratore (oggi capo della Procura) di Bolzano, Guido Rispoli. Che c’entra la Sicilia con l’Alto Adige? Il nesso è casuale. Nella seconda metà degli anni Duemila, Rispoli si trovò a indagare sulla tedesca Lurgi – subholding interamente posseduta da Gea – la cui controllata Lentjes aveva il 20% di Pianimpianti, poi ridotto all’8,23 per cento. Il pm scoprì che la Lurgi aveva pagato tangenti per aggiudicarsi il termovalorizzatore di Colleferro, in provincia di Roma, e che era invischiata in altre attività corruttive per la realizzazione di analoghi impianti in diverse zone d’Italia”.

“Grazie a una perquisizione in Germania-  scrive il Sole 24ore- nel quartier generale della Lurgi, il pm acquisì documenti che inchiodavano l’azienda. Per la legge 231 sulla responsabilità penale delle società, l’impresa rischiava di non potere più lavorare con la pubblica amministrazione italiana. Per archiviare l’incresciosa vicenda, non le restò che la via del patteggiamento. Lurgi staccò alla alla Procura un assegno di 3,7 milioni di euro e incaricò Ernst & Young di effettuare una verifica ispettiva su tutte le attività che aveva in corso in Italia. Le conclusioni della società di revisione non davano adito a dubbi:

Sono emersi per tutti gli appalti italiani episodi oscuri in relazione a versamenti per provvigioni e/o sovrafatturazioni», e tiravano pesantemente in ballo la Sicilia. Fu così che Rispoli, nell’aprile 2008, trasmise uno stralcio dell’inchiesta alla Procura di Palermo.

Le carte provenienti da Bolzano contenevano elementi investigativi che appaiono, ancora a distanza di parecchi anni, di notevole interesse. Il valore della commessa in questione era stimato in 505 milioni, per il 45% di competenza di Lurgi (che nel frattempo aveva conferito le proprie attività alla partecipata Lentjes) e per il 55% di competenza di Pianimpianti, l’azienda di Crotone di cui era amministratore delegato e socio all’80% Roberto Mercuri. E su quella commessa sarebbe stata pagata una mazzetta multimilionaria.
Dall’ispezione di Enrst & Young emergevano «…indizi che fanno presumere che un valore pari a 38 milioni di euro non abbia diretta correlazione con le commesse; che tale importo sia entrato a far parte delle commesse per effetto di sovrafatturazioni; che le transazioni per l’importo sopra citato siano state realizzate attraverso Pianimpianti e Lurgi; che le persone coinvolte sono state oggetto di indagini penali in Italia e in Germania per accuse di corruzione e che hanno fornito informazioni incomplete e contraddittorie sui fatti». La Procura di Palermo proseguì le indagini? Con quali risultati? Chi erano i percettori delle tangenti?
A Palermo- leggiamo sempre nell’articolo del Sole24ore-  la pista dei termovalorizzatori era già da tempo battuta dall’allora procuratore aggiunto Roberto Scarpinato (oggi procuratore generale presso la Corte d’Appello), che dirigeva il dipartimento di criminalità economica. Scarpinato aveva intuito, attraverso le indagini, che il progetto dei maxi-inceneritori e l’interesse di Cosa nostra per il settore dei rifiuti in Sicilia erano in stretta correlazione tra loro”.

Scarpinato continuò ad indagare finché non lasciò Palermo per assumere l’incarico di procuratore generale a Caltanissetta. Cosa accadde dopo la sua uscita?

Praticamente niente.

Il sito web del quotidiano economico ripercorre quindi le tappe della complessa vicenda: “La gara fu indetta nell’agosto 2002 dal presidente della Regione siciliana Totò Cuffaro nella veste di commissario delegato all’emergenza rifiuti ed aggiudicata nel 2003 a quattro società consortili: Tifeo, Platani e Pea, controllate dal gruppo Falck-Actelios attraverso Elettroambiente, e Sicil Power, controllata da Daneco e Waste Italia. Ma i manufatti non videro mai la luce per un complesso di ostacoli che impedì la realizzazione del progetto.

L’intralcio più grave – si legge sempre nell’articolo del Sole 24 ore- si verificò nel luglio 2007, quando la Corte di giustizia del Lussemburgo, inaspettatamente, annullò la gara (perché non conforme alle norme europee) mentre erano in corso già da tempo, da parte delle aziende aggiudicatarie, le attività di preingegneria”.

Poi con il Governo Lombardo,  succeduto a quello guidato da Cuffaro,  il progetto viene abbandonato e al momento sono in corso dei procedimenti giudiziari che devono accertare eventuali danni alle imprese derivanti dalla cancellazione delle commesse.

Si tratta di contenziosi di carattere amministrativo, ma sappiamo che un fascicolo sul caso è stato aperto anche dalla Procura della Repubblica di Palermo, in seguito alle denunce dell’attuale assessore regionale all’Energia, Nicolò Marino:
«Tre recenti sentenze del Tar Sicilia Palermo, nel rigettare i ricorsi proposti dai raggruppamenti temporanei d’impresa avverso l’annullamento in autotutela della predetta procedura  hanno evidenziato l’esistenza di un collegamento sostanziale tra tutte le offerte ammesse che, secondo il giudice amministrativo, non potevano che essere previamente concertate “a tavolino”» ha dichiarato Marino.

Insomma, ad occhio e croce, il finale di questa storia è ancora tutto da scrivere.  E, se mai si dovesse aprire il capitolo tangenti, secondo i bookmakers, sarebbero in molti (tra politici ed imprenditori) a perdere il sonno.

 

 

 

 

Redazione

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