A 365 dal rogo, un anno resistente è il titolo che i Briganti di Librino hanno dato all’iniziativa per celebrare la loro nuova club house – rasa al suolo da un incendio esattamente un anno fa – e la fine di un capitolo doloroso ma anche ricco di solidarietà. Lo spiega a MeridioNews Piero Mancuso, responsabile dell’area tecnica del rugby, tra i primi a essere entrato nella famiglia dei Briganti. E che quindi ha vissuto tutte le tappe della storia di questa realtà, compresa quella che, proprio un anno fa, ha portato la club house di Librino al centro della cronaca locale e non solo a causa dell’incendio che l’ha completamente distrutta. Un capitolo a cui oggi i Briganti vogliono mettere un punto, presentando ufficialmente alla città, con una festa che si terrà questa sera al campo San Teodoro, la nuova sede.
«L’evento di oggi per noi ha un valore simbolico perché vuole chiudere una stagione molto particolare, segnata dall’incendio che è stata una bella batosta, ma soprattutto da quello che è successo dopo. La risposta che abbiamo avuto dalla città non ce l’aspettavamo, è stata straordinaria perché già dal giorno dopo il rogo siamo stati sommersi da attestati di solidarietà sia morale che materiale e si è innescato un percorso che ha attraversato un po’ tutta Italia, dove siamo stati ospitati in tante iniziative diventando ambasciatori di quello che facciamo». Una rete di solidarietà difficile da quantificare in numeri, ma che ha permesso al gruppo sportivo di ristrutturare completamente i nuovi locali e arredarli in maniera più completa, con tanto di cucina adeguata per pasti per cento persone, una Librineria con giochi, testi, materiale didattico e migliaia di volumi che ancora stanno catalogando, un sistema di allarme e videosorveglianza di cui oggi, purtroppo, non si può fare a meno per proteggere la struttura.
«Stasera, però, non vogliamo fare una celebrazione dei Briganti, ma vogliamo raccontare delle storie che in questo anno ci sono piaciute perché in un modo o nell’altro rappresentano storie di resistenza e di superamento di momenti di difficoltà, proprio come la nostra. Omaggeremo quindi di una tessera di brigante onorario sei ospiti che vengono da tutta Italia». Ci sarà il giornalista Daniele Piervincenzi, noto ai più per la testata che gli ha spaccato il naso ricevuta a Ostia, che i Briganti hanno conosciuto per la sua attività di cronista sportivo e che ha sposato la loro causa; il giornalista Federico Gervasoni, oggetto di minacce dopo che ha pubblicato su La Stampa un reportage sulla ricostituzione di un’avanguardia nazionale neofascista che sta recentemente riprendendo piede; il sindacalista e scrittore Gaetano Alessi, anche lui minacciato perché racconta le mafie che si stanno sviluppando nel Nord Est; l’equipaggio di Acquarius attraverso cui i Briganti vogliono ringraziare associazioni e organizzazioni che nonostante la campagna di linciaggio a cui sono sottoposte continuano i salvataggi in mare; l’insegnante catanese Carmen Avellino, che ha messo in luce l’episodio del furto della bicicletta a un ragazzo senegalese avvenuta nel centro storico catanese; e il cantautore lampedusano Giacomo Sferlazzo, membro del movimento Askavusa che si batte contro la militarizzazione dell’Isola.
«Oggi si chiude definitivamente questa stagione, vogliamo buttarci alle spalle la vicenda dell’incendio incontrando questi ospiti speciali che conosceremo tramite delle interviste in pubblico, a cui seguirà un momento musicale con il concerto dei Giringiro». Fondamentale affinché tutto ciò si potesse realizzare è stato anche il contributo della gente del quartiere, che da subito ha aiutato come poteva, chi facendo dei lavoretti, chi lasciando un piccolo contributo, chi partecipando alle manifestazioni organizzate dai Briganti. «Abbiamo la fortuna di avere un lavoro che intreccia lo studio con la Librineria, lo sport con il rugby e la natura con la comunità di ortolani che si occupa dell’orto urbano e ogni persona che frequenta la nostra realtà si è sentita colpita dall’incendio, vissuto come una violenza fastidiosa». Ma che non fa paura e non impedisce di andare avanti, soprattutto perché quell’episodio è stato un fulmine a ciel sereno, non preannunciato da minacce o segnali particolari. «Siamo tranquilli, facciamo il lavoro che abbiamo sempre fatto e forse anche di più, perché se ci facessimo intimorire non potremmo più andare avanti».
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