Borgo Ulivia, sassi lanciati contro le vetrate della chiesa «Mi piace pensare che dietro ci sia un disegno positivo»

Sono cinque in tutto i pannelli danneggiati da alcuni sassi, nelle vetrate della parrocchia Santa Caterina da Siena, nel cuore di Borgo Ulivia. L’episodio risale ad alcuni giorni fa. «Ho trovato i buchi alle finestre e a terra frammenti di vetro e sassi. Ma sono cose di ragazzi, niente di più, non c’entrano gli adulti». Ne è sicuro padre Nicasio Lo Bue. «Sono ragazzi che magari hanno il gusto del proibito e a volte si divertono a fare queste cose». Entrando nella parrocchia è difficile non notare le telecamere installate all’esterno, segno forse che qualcosa qui è già successa: «Le ho fatte mettere io – dice il prete -, perché in passato abbiamo subito dei furti. Non sono un grosso deterrente, le cose succedono, i danni ci sono stati, ma non si è mai trattato di atti contro di noi, contro la chiesa come istituzione, Mi piace pensare che dietro ci sia, in un certo senso, qualcosa comunque di positivo, un disegno che li ha portati qui, in questo luogo. Potevano colpire qualsiasi altro edificio, invece hanno scelto questo, forse per attirare la nostra attenzione, per dirci qualcosa».

E l’ipotesi di denunciare l’episodio neppure lo sfiora. «Denuncia? No, ma chi devo denunciare? E cosa? – dice sorridendo -. Si sono portati, tempo fa, pure le porte in ferro del campetto da calcio qua dietro davanti ai miei occhi, per andare a rivendersele per cinque-dieci euro, la realtà è questa. Ma cosa vai a denunciare? La denuncia si fa quando si possono prendere determinati provvedimenti, e in ogni caso quando dietro ci sono gesti di violenza, di intimidazione. Non è questo il caso, sono ragazzi, magari nemmeno del quartiere, che la prendono come un gioco, una sfida con se stessi, non sono queste le cose di cui aver paura, uno lì per lì ci resta male, ma finisce lì». Qui la chiesa è davvero un punto di riferimento, aiuta molto, e la Caritas supporta moltissime famiglie come può, per esempio facendo la spesa. E anche dentro Santa Caterina ben visibile in un angolo c’è la coloratissima Casa dei bisogni, una piccola costruzione di cartone dipinto e a forma di abitazione con la porta aperta, dove chiunque può lasciare, proprio in quel punto, la spesa o qualcosa che possa servire a qualcun altro.

Padre Nicasio in questa parrocchia è arrivato sei anni fa: un percorso, da allora, fatto soprattutto di conquiste e buoni rapporti con gli abitanti del quartiere. Prima di approdare a Santa Caterina ha trascorso dodici anni a Villabate, dove una chiesa nemmeno c’era. «Stavamo in affitto in un magazzino, la chiesa lì l’ho fondata io, mettendoci i soldi e tutta la mia buona volontà. E poi sono arrivato qua – racconta -, non avevo mai sentito parlare di questa parrocchia, non la conoscevo, come non conoscevo il quartiere. Ma ho imparato ad amarlo, altrimenti non avrei potuto mettermi a lavoro qua». Non sono mancate, però, negli anni anche le piccole delusioni. Alcune legate a intrusioni in chiesa e furti. «In passato hanno rubato tutte le grondaie di rame, procurando un notevole danno – dice -. Questo è uno dei tanti quartieri di Palermo, non dico che è brutto, c’è tantissima gente molto bella, buona. Il problema più sentito è quello della disoccupazione, che spesso spinge le persone a fare certe cose, a commettere piccoli reati, come alcuni furtarelli, che in casi normali non avrebbero compiuto. Come in ogni altro quartiere, ci sono episodi e circostanze innescate da situazioni drammatiche e critiche».

Del resto, Borgo Ulivia è una delle più grandi borgate di Palermo, da sola fa circa 25mila abitanti e questa è l’unica parrocchia di riferimento. «C’è molta partecipazione qui». E per rendersene conto basta entrarci in questa enorme chiesa dalla forma inusuale. Nella sua principale sala a forma di semicerchio a colpire subito non sono crocifissi o immagini sacre, ma collage di foto, dipinti e disegni, progetti colorati che testimoniano la vita di questo luogo, il modo in cui viene fruito, prescindendo persino dalla sua originaria e principale funzione, cioè quella religiosa. Un posto dove sentirsi a proprio agio e chiedere aiuto. «Qui ci vogliamo bene – continua padre Nicasio -. Sono convinto che dobbiamo iniziare dalle piccole cose, se ogni cittadino fa bene il suo dovere con molta semplicità, allora le cose funzionano. Basta rispettare quelle cose che sono normali e che in quanto tali non fanno chiasso, non fanno pubblicità».

Partendo soprattutto dai ragazzi della borgata, che la parrocchia di via dell’Airone la conoscono bene: «Frequentano la chiesa, ci sono circa 200 iscritti al catechismo, le cose funzionano. Molto sta anche nell’educazione impartita dalle famiglie, dal loro modo di trasmettere come approcciarsi e rapportarsi alla chiesa». E per fare di questo luogo uno dei punti di riferimento per ragazzi e giovanissimi, padre Nicasio mette in campo idee, progetti e iniziative. «Io non vado mai in vacanza, mi trovate qua 12 mesi su 12. Basta inventarsi qualcosa di semplice – spiega -, c’è quando ci si riesce, c’è quando si fatica un po’ di più. Non mancano, certo, le delusioni ogni tanto, ma è la vita. Ed è così qui come altrove, penso. Io sono soddisfatto di quello che riusciamo a fare, anche se non basta mai, ci sarebbe tanto di più. Ma intanto i risultati ci sono, il quartiere risponde».

E le occasioni per ripartire e togliersi piano piano di dosso quell’etichetta di degrado non mancano. Solo ieri mattina, nell’adiacente Falsomiele, è stata inaugurata un’area giochi per i bambini della zona. Accolta però, malgrado i tanti applausi e ringraziamenti, quasi con scetticismo dai residenti: «Quello va bene, ma la gente si aspetta anche altro. Il sindaco non ha la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi in un colpo solo, lo capisco. Però la gente mira alle cose più importanti per loro, dalla luce al risanamento delle strade. E noi siamo qui per sostenerli in tutto». 

Silvia Buffa

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