Ha preso il via a fine marzo l’iniziativa lanciata da Retake Palermo – tramiamociviltà per boicottare tutti i personaggi che fanno campagna elettorale nel modo sbagliato, affiggendo per esempio manifesti di propaganda su luoghi non idonei. Dalle fermate degli autobus ai cartelli stradali, le prime segnalazioni e denunce a mezzo social sono servite a far fare ai candidati marcia indietro. All’hashtag #boicottachisporca hanno aderito subito anche altre associazioni, da Mobilita Palermo a Fiab, e ancora Palermo Ingidnata, Ciclabili siciliane, Amo Palermo, Alces e altre. «Ancora siamo a niente, il grosso purtroppo, come è accaduto già negli anni scorsi, sarà quando finirà la par condicio e non si potranno più affiggere manifesti nei luoghi pubblicitari deputati e quindi ci sarà il manifesto selvaggio, come di solito succede gli ultimi 30 giorni», dice il presidente di Retake Marco D’Amico.
«Abbiamo deciso di avviare questa campgana insieme a tutte le altre associazioni per sensibilizzare non solo i candidati che si fanno avanti per amministrare Palermo e che quindi dovrebbero avere a cuore loro per primi il decoro della città, ma anche i cittadini stessi invitati a segnalare gli abusi – aggiunge -. Non è in questo modo che vanno trattati i muri della città». E a chi chiede come riconoscere quando un manifesto è abusivo, i volontari di Retake non si tirano indietro e si lanciano in spiegazioni e chiarimenti: «Lo è quando è affisso fuori dagli spazi consentiti: muri, cabine telefoniche, cassonetti dell’immondizia», per citarne alcuni. Ma anche ritrovarseli sugli spazi commerciali del Comune, che sono fissi tutto l’anno, non va bene perché se non hanno il necessario timbro comunale significa che non hanno pagato i diritti all’erario. Ma anche giocare sporco, in un certo senso, è etichettabile come abusivo: lo sono infatti anche i manifesti affissi nell’apposito spazio per cartelloni elettorali che però sono destinati ad altri partiti.
Una vera e propria operazione, quella lanciata dai ragazzi di Retake, che coinvolge chiunque abbia a cuore la pulizia, il decoro e la vivibilità di Palermo. Il meccanismo è molto semplice: basta fotografare e segnalare i manifesti elettorali abusivi, che subito vengono spiattellati nella pagina social delle associazioni che sostengono l’operazione, con l’invito rivolto ai cittadini a non votare quei candidati che fanno campagna elettorale non rispettando la legge e, quindi, la città e i suoi abitanti. A un mese dall’iniziativa, già due vittime: il primo è stato il candidato al Consiglio comunale Elio Ficarra. Uno dei suoi manifesti è stato trovato attaccato in versione gigante sulla pensilina di una fermata dell’autobus. Il comitato elettorale del candidato, dopo la segnalazione, ha subito fatto rimuovere il manifesto, la foto però è rimasta visibile su Facebook «a futura memoria».
Stessa sorte anche per un altro candidato al Consiglio comunale, Alessandro Trinca: uno dei suoi manifesti, con gigantografia e lo slogan in bella mostra La Palermo che vogliamo, è stata trovato affisso sul pannello di una pompa di benzina posizionato davanti al cartello stradale con l’indicazione per ponte Ammiraglio. Anche in questo caso la segnalazione è servita, il candidato in persona infatti si è scusato per l’inconveniente, assicurandone l’immediata rimozione. Mentre il post sui social continua a restare visibile a tutti. «Il deterrente maggiore è, come si dice in gergo, fare cadere la faccia a terra – puntualizza infine D’Amico -. Non vogliamo punire nessuno perché pensiamo che dal punto di vista amministrativo non gli accadrà nulla». E l’operazione ha riscosso, nel giro di un mese, approvazione e consensi. Fioccano, infatti, i commenti degli utenti, al limite tra ironia e indignazione: «C’è un problema mentale serio in certi palermitani», scrive Emanuele, mentre Tiziana sdrammatizza coniando il neologismo «tamarraid».
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