«La conosco bene. Questa mattina (ieri per chi legge, ndr), ha sostenuto un esame con me e le ho dato 30 e lode. E’ una brava ragazza, assennata e studiosa», ci dice verso sera il professore Rosario Trovato, docente di Lingua e letteratura spagnola della facoltà di Lettere e filosofia, ancora scosso. Laura Salafia aveva appena dato l’esame con lui quando è uscita dai Benedettini ed è stata ferita da un proiettile vagante in piazza Dante: «Sono sinceramente sorpreso, l’ho saputo non appena rientrato a casa. Mi dispiace davvero, avrei voluto contattare qualche familiare per informarmi sulle sue condizioni» ha aggiunto il professore. «Le forze dell’ordine dovrebbero pensare alla sicurezza dei cittadini e non solo a mettere le ganasce alle automobili. A Catania non si può vivere più».
Sconcertato per l’accaduto anche Enzo Ierna, responsabile dell’area didattica per la facoltà di Lingue e letterature straniere. Era in ufficio, a pochi passi dal luogo della sparatoria. Ha sentito quattro colpi di pistola ma pensava fossero petardi lanciati per gioco dai ragazzini. Insospettito da una sirena si è affacciato sulla piazza per controllare cosa fosse accaduto e solo allora ha scoperto che si trattava di una ragazza ferita: «Sono sconcertato, siamo nel far west, è assurdo, gli incidenti capitano a tutti ma è impensabile che una ragazza che esce dall’Università venga coinvolta in una sparatoria. Si tratta davvero di un livello di civiltà bassissimo. Speriamo che la ragazza si riprenda presto».
Tra gli studenti non si parla d’altro. Su Facebook c’è chi come Rebecca sostiene «Me ne vado, eccome se me ne vado in Inghilterra. Non voglio vivere nel terrore del mezzogiorno di fuoco» e chi come Gabriele dice «Ci dobbiamo opporre, non possiamo lasciare la nostra città in mano a queste bestie».
Giampiero Gobbi, ex rappresentante della facoltà di Lingue si stava recando a casa quando ha capito quello che era successo. «Mi ha impressionato l’atteggiamento dei ragazzi che avevo intorno. Tutti prendevano il telefono per chiamare gli amici. Avevano sparato a una ragazza ma nessuno sapeva chi fosse. Ci siamo preoccupati anche perché abbiamo tutti tanti amici in facoltà». Sulla possibilità che si ripeta un episodio simile Giampiero ha aggiunto: «E’ stata una cosa strana. Io sono del quartiere, abito in via Plebiscito e mi sono spaventato. L’ho considerata una cosa brutta ma d’altronde viviamo a Catania e a queste cose ci siamo abituati, sono cose che dobbiamo aspettarci. Personalmente non ho paura, è stata una fatalità che non sarebbe dovuta accedere, ma non mi condiziona».
Tra quanti increduli hanno assistito al tragico episodio di questa mattina anche Federica, studentessa di Lettere che ha una camera in affitto in via Della Palma, all’angolo con via Vittorio Emanuele. «Ho sentito l’autoambulanza sotto casa e, affacciandomi al balcone, esattamente sotto di me l’immagine dello scooter con cui il ferito tentava di fuggire. Una pozza di sangue e le mani della polizia scientifica che ricostruivano la dinamica dell’incidente», ricostruisce la ragazza. «Non posso credere che proprio davanti all’Università e allo stesso portone di casa mia possano succedere cose così. Ancor più grave la totale indifferenza dei passanti. Non appena polizia e telecamere si sono allontanate “tutto è tornato alla normalità”, ma questa non è normalità, non può essere normalità».
Turbata dall’accaduto anche Livia, abitante della zona che dichiara, sconcertata: «Se questa sparatoria deriva davvero da regolamenti di conti tra clan mafiosi, io emigro subito. Non si può stare tranquilli, sempre meno controlli e sempre meno sicurezza. Siamo completamente allo sbando, la zona si sta degradando. E poi, come al solito a Catania, nessuno ha visto nulla, nessuno sa niente. Vorrei sapere adesso, a parte qualche giorno di presidio di sicurezza, che cosa hanno intenzione di fare le forze dell’ordine per tutelare i cittadini?».
Una domanda, questa, al quale qualcuno dovrà rispondere. Intanto Laura Salafia è ancora in ospedale con le vertebre trapassate da un proiettile calibro 7.60.
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