Basket, Pellegrino alla conquista della scudettata Venezia «In A1 la palla sembra pesare di più, sogno la nazionale»

Due metri e undici centimetri di altezza, siciliano fino al midollo e un presente che si chiama serie A di basket. Lui è Francesco Pellegrino, nato a Vittoria ma cresciuto a Gela. Ventotto anni, quest’anno veste la canotta della Reyer Venezia, squadra che ha vinto l’ultimo scudetto. «Sono cresciuto nel Basket Gela fino a quando sono andato a Pistoia all’età di 15 anni per la prima esperienza fuori casa». Una passione, quella del basket, che nel cestista classe ’91 è nata con il passare del tempo: «Avevo 12 anni e mezzo. Un mio amico giocava e mi ha portato in palestra. Mi hanno fatto fare il primo allenamento senza conoscermi e mi sono innamorato di questo sport. Mia madre non sapeva dove fossi: sono uscito di casa dopo pranzo e sono tornato la sera con lei che mi cercava in giro per Gela».

Da lì in poi, Pellegrino si è reso conto che il basket era la sua vocazione. Ha partecipato a tanti eventi in cui è entrato in contatto con alcuni campioni, come Valerio Amoroso. Oggi con i suoi 211 centimetri di altezza è spesso uno dei più alti in campo: «Questo fattore mi ha spesso aiutato. Però ho cercato di sviluppare anche altre caratteristiche, come il tiro». Per inseguire il suo sogno, Pellegrino ha dovuto abbandonare la Sicilia quando era adolescente, anche se il ritorno c’è stato. «Dopo Pistoia, ho fatto tre anni a Trapani dove ho finito le giovanili. Poi sono stato a Racalmuto e a Capo d’Orlando. Poi, dopo la parentesi di Sassari, sono tornato a Barcellona Pozzo di Gotto».

Con le sue esperienze in giro per l’Italia, il cestista gelese riconosce le differenze tra i club siciliani e gli altri: «Nell’isola ci sono problemi di organizzazione, ritardi, investitori che si tirano indietro e società che fanno affidamento su certi sponsor che poi non riescono a sopravvivere. La Sicilia per le imprese non è il posto più facile in cui investire. Ci sono comunque realtà che hanno assaporato momenti splendidi. La più recente è stata Capo d’Orlando con i play off e la partecipazione in Europa». Anche in termini di impianti e palazzetti c’è una certa differenza: «In Sicilia ci sono tanti palazzetti sperduti che nemmeno si usano. La differenza si vede soprattutto con i club più importanti. Milano, Bologna e Venezia hanno dei bei palazzetti. Capo d’Orlando fa 13mila abitanti, lì si vive di basket e la società fa sempre sold out ma è costretta a giocare in un tendone».

Vista l’altezza, Pellegrino è considerato un lungo nel basket. E gioca come pivot, o centro, ruolo che lui stesso prova a spiegare: «Sfrutto i miei centimetri sotto canestro perché sono quello che dovrebbe arrivarci più facilmente. Aiuto i miei compagni con dei blocchi per creare spazi e garantire al tiratore un tiro migliore. Difensivamente sono quello che va a rimbalzo su un tiro sbagliato. È un ruolo che mi ha sempre appassionato, forse il più fisico». L’esperienza non gli manca e quella di Venezia non è la sua prima stagione in A1, anche se in Sardegna non giocò così tanto: «Sono stato a Sassari, dove ho avuto la fortuna di giocare in EuroLega. Non ho avuto tanto spazio per via di un infortunio, ma devo tanto a quella esperienza». A Venezia, il pivot siciliano è anche andato a segno nella gara contro Cantù: «Sono riuscito a collezionare i miei primi punti in A1. Sto cercando di far vedere alla gente che posso stare in questo campionato. In A2 avevo un ruolo da protagonista, qui è come se dovessi ricominciare quasi da zero». L’obiettivo è quello di stare in alto a fine stagione: «In questo momento nel basket ci sono quattro società che vogliono vincere: Milano, Venezia, Sassari e la Virtus Bologna che tornerà ai livelli degli anni ‘90. Sono in una società vincente e questo ti aiuta nella mentalità».

Tante le differenze anche tra la serie A2, dove il cestista era uno dei top player, e l’A1. Lo stesso Pellegrino prova a spiegarle: «In A1 c’è tanto seguito rispetto all’A2. Tutto sembra più pesante ma allo stesso tempo più appagante. La palla mi sembrava un po’ più pesante all’inizio. In A1 trovi squadre con sei stranieri, mentre in A2 ce ne sono solo due. Il divario fisico è evidente». E proprio per questo, il pivot sta cercando di lavorare anche su se stesso per poter migliorare: «Voglio costruire in me una mentalità vincente e sono consapevole di essere venuto nel posto giusto. È spettacolare poter interagire con certi giocatori, migliorare allenamento dopo allenamento e incontrare campioni di ogni tipo. Giochiamo anche in Eurocup, questo vuol dire 70-80 partite l’anno. E affrontiamo squadre blasonate». Infine il classe ’91 svela anche quelli che sono gli obiettivi personali che vuole raggiungere nel prossimo futuro: «La canotta azzurra è un mio sogno da sempre. Nel mio palmares mancano quello e anche la vittoria di un campionato. Sono una persona ambiziosa – conclude Pellegrino – vorrei sempre crescere».

Luca Di Noto

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