Graffiti e piante contro la cultura del terrore. Da un lato la necessità di proteggere la città, dall’altra quella di mantenere intatta la nostra dimensione di cittadini liberi, per non sentirsi in trincea, in una guerra che colpisce anche città dove l’integrazione di culture diverse è una realtà. Un dibattito che sta attraversando tutto il Paese e che ieri è arrivato a Palermo. Le barriere antisfondamento sono spuntate in via Maqueda e in Corso Vittorio Emanuele all’altezza dei Quattro Canti e della Cattedrale. Ma con tutta probabilità ne arriveranno delle altre.
Dopo le prime installazioni delle barriere è arrivato l’appello dell’ex assessore comunale alla Mobilità, Giusto Catania, a non rispondere al terrorismo proteggendo gli spazi urbani con blocchi di cemento che rischiano di essere «una resa alla barbarie». Oggi l’annuncio del sindaco Leoluca Orlando: «Dopo che domani il Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza avrà definito l’assetto e l’elenco degli interventi da realizzare per la prevenzione e la sicurezza nelle aree pedonali o altre zone della città, inviteremo i creativi, i writer e tutti coloro che vorranno contribuire, a proporre idee per aggiungere un tocco di colore con piante o decorazioni a questi blocchi di cemento, che sono necessari per dare maggior senso di sicurezza, ma che non vogliamo siano una nota stonata nel clima di relax, vivacità e allegria che contraddistingue le nostre aree pedonali. Tante aree della città sono tornate in questi anni ad essere simbolo di rinascita, arte di strada, socialità ed economia positiva. Tali rimarranno anche nei prossimi mesi».
«Non avevamo dubbi che il sindaco avrebbe accolto l’appello – commenta Catania, ora capogruppo di Sc al consiglio comunale – In tutto il Paese ci si sta interrogando su come rendere meno brutte queste installazioni presenti nelle nostre strade che in sé rappresentano quasi una concessione al terrorismo. Non si tratta solo di un fatto estetico ma c’è la necessità di non dare la percezione che le città siano soggette a una militarizzazione, quasi con delle trincee. Occorre quindi ripensare interamente l’arredo urbano anche in funzione della sicurezza delle persone».
Ma bastano le opere di artisti e qualche pianta per superare questo tipo di contraddizione? «Penso di sì, avvalendosi di professionisti, coinvolgendo gli artisti palermitani, l’Accademia di Belle Arti, gli architetti – aggiunge Catania – c’è la necessità di approfittare di questa vicenda drammatica, come quella di Barcellona, che è solo l’ultimo esempio, per ripensare l’arredo urbano delle città. Noi abbiamo avviato la pedonalizzazione delle aree del centro storico della città, ora bisogna passare alla fase due, che riguarda l’uniformità dell’arredo urbano. E quindi questa fase in cui si cercano le strutture adatte per fronteggiare il terrorismo, può avere anche questa doppia valenza».
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