I dirigenti del Pd siciliano – spalleggiati dai vertici romani – dicono di aver accettato di collaborare con il Governo di Raffaele Lombardo per un motivo: perché avrebbero spaccato in varie parti il blocco sociale del centrodestra siciliano. Oggi il barometro elettorale proverà a dimostrare – con i numeri e non con le parole – che la tesi dei vertici regionali e nazionali del Partito democratico completamente destituita di fondamento.
Il Pd, che nel 2008 ha perduto le elezioni regionali, ha governato la Sicilia per quattro anni. Ora siamo arrivati al
dunque. Il 28 ottobre i siciliani saranno chiamati alle urne. Spetterà agli elettori stabilire se in Sicilia non cè più o cè ancora una maggioranza moderata.
Una prima lettura dei sondaggi – che comunque, soprattutto in Sicilia, lasciano il tempo che trovano – sembrerebbe dare ragione al Pd. Uno dei due candidati alla presidenza della Regione – Rosario Crocetta, appoggiato dal Pd e dallUdc – viene dato come favorito insieme con il candidato di Pdl, Cantiere popolare e La Destra, Nello Musumeci. Questi due candidati sarebbero al 28-30 per cento dei consensi.
Già salta agli occhi la prima contraddizione. I dirigenti del Pd hanno sempre detto che la loro alleanza con il Governo Lombardo serviva per distruggere il sistema di potere di Totò Cuffaro. Solo che oggi – piccolo particolare – si ritrovano a sostenere un candidato alla guida della Sicilia con il Partito – lUdc – dove, piaccia o no, militano i tanti eredi di Totò Cuffaro…
Non solo. Il 28-30 per cento di voti che i sondaggi ascrivono a Crocetta – percentuale che il Barometro elettorale considera puramente teorica – non costituisce la maggioranza degli elettori siciliani ma, per lappunto, solo il 30 per cento. Se tale 30 per cento basterebbe ad eleggere il nuovo presidente della Regione, ebbene, ciò è dovuto alla legge elettorale siciliana che, in presenza di tre candidati forti, trasforma, di fatto, la forma di Governo da presidenziale in parlamentare.
Ma, ironia della sorte a parte, quattro anni di Governo regionale del Pd, appoggiando, peraltro, un presidente della Regione – Raffaele Lombardo – inquisito per mafia (altra contraddizione per un Partito che, a quanto pare, solo a parole ha sempre cavalcato lantimafia), sono sempre stati giustificati con la spaccatura dellarea moderata siciliana. Di tale spaccatura i dirigenti del Pd si sono sempre autodefiniti protagonisti.
Se leggiamo con attenzione lo scenario delle forze politiche siciliane a meno di quaranta giorni dal voto ci accorgiamo che le cose sono molto diverse.
Intanto, se i Partiti che sostengono Musumeci (Pdl, Cantiere popolare, La Destra) si fossero presentati insieme – come stava per avvenire – con Gianfranco Miccichè (il candidato sostenuto da Grande Sud, partito dei Siciliani già Mpa, Fli e Mps), questo schieramento avrebbe già avuto la vittoria in tasca con oltre il 50 per cento dei voti di lista. La dimostrazione che il blocco moderato siciliano non è stato minimamente scalfito dai quattro anni di Governo Lombardo-Pd e che, anzi, è più forte di prima.
Infatti, rispetto a quattro anni fa, lUdc è passato con il centrosinistra, ma la forza elettorale del centrodestra non è stata indebolita, risultando ancora maggioritaria.
Se oggi i moderati siciliani si presentano divisi è perché Gianfranco Miccichè – e non il Pd siciliano – ha spaccato questo fronte (cosa che ha già fatto nel 2008, subito dopo le elezioni). Questa spaccatura,oggi, è avvenuta proprio perché le condizioni politiche ed elettorali lo consentono. Detto in parole più semplici, se Miccichè non avesse la certezza di poter competere per vincere le elezioni mai e poi mai avrebbe accettato di correre contro Nello Musumeci, che rimane un candidato forte.
Di fatto, si è verificato lesatto contrario di quello che i dirigenti del Pd hanno sempre sostenuto: lungi dallessersi indebolito, il fronte dei moderati siciliani si è rafforzato: ed è diventato così forte da consentirsi il lusso di presentarsi diviso. E questo – lo ripetiamo – nonostante il passaggio a sinistra di un Partito (lUdc) che oggi in Sicilia vale il 10 per cento circa.
I quattro anni di Governo Lombardo-Pd non hanno prodotto altri effetti. In primo luogo, hanno contribuito a riunificate una grande area politica alla sinistra del Pd. Oggi Sel, Rifondazione comunista, i Verdi, UnAltra storia di Rita Borsellino si presentano sotto ununica sigla. Sempre a sinistra, ma in unaltra lista, cè Italia dei Valori.
Se il Governo Lombardo-Pd ha un merito – e questo gli va riconosciuto senzaltro – è quello di aver fatto nascere in Sicilia una grande area politica di Sinistra oggi molto compatta, soprattutto rispetto alle elezioni per il rinnovo dell’Ars.
Come il Barometro elettorale ha più volte ribadito, il candidato di questarea, Claudio Fava, non è al 14 per cento, ma al 18 per cento, proprio perché usufruisce i un voto ‘naturale’ che gli arriva dallo ‘zoccolo’ della Sinistra siciliana che oggi può ancora contare su un buon 25 per cento. Mentre i candidati che, sempre secondo il Barometro, restano i favoriti – Musumeci e Miccichè – viaggiano tra il 25 e il 28 per cento.
Numeri alla mano, se Fava riuscirà a bucare il Pd, intercettando una quota consistente di voto disgiunto di questo Partito (ovvero elettori che potrebbero votare il Pd nelle elezioni per il rinnovo dellArs e lo stesso Fava alle elezioni per il presidente della Regione) potrebbe benissimo competere con Musumeci e Miccichè. La partita è difficile. Ma bisogna crederci, però.
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