Ad agosto il sindaco Cateno De Luca aveva promesso che entro il 31 ottobre di quest’anno tutte le persone che vivevano ancora in baracca avrebbero dovuto lasciare le loro abitazioni. Ed entro la fine di dicembre sarebbero state tutte demolite le casette fatiscenti. Ma in questi mesi le cose non sono andate esattamente come aveva sperato la giunta del Luca.
Dopo il no ricevuto dalla Protezione civile nazionale al riconoscimento della dichiarazione dello stato di emergenza abitativa, l’amministrazione comunale è andata avanti cercando strade diverse. Sul mercato sono stati reperiti 450 alloggi ed è stato avviato l’iter per il loro acquisto da parte del Comune con i fondi della legge regionale del 90 sul risanamento. In sinergia con la nuova agenzia per il risanamento Arisme – appositamente creata per chiudere una volta per tutto la triste pagina – in questi mesi si è accelerato il processo per far lasciare, alle famiglie che ci vivono, le baracche che si trovano sotto il ponte della ferrovia a Camaro. Qui, nei mesi scorsi, un cedimento della condotta idrica ha reso inagibili sei abitazioni. E da allora è stata una corsa contro il tempo per cercare di superare tutti gli intoppi burocratici e tecnici che avevano impedito di chiudere il cantiere delle nuove palazzine realizzate proprio per i residenti delle casette sotto il ponte.
C’è chi ha dovuto aspettare 45 anni prima di poter entrare in una casa degna di questo nome, come la signora Cettina Piccolo con il marito Basilio Iasmundo, ai quali finalmente ieri è stata consegnata la loro casa. Abiteranno al piano terra, della scala A. Il loro è un appartamento di 45 metri quadrati, come gli anni che hanno aspettato per varcare quella soglia. «Grazie, grazie, non mi sembra vero», ha continuato a ripetere la donna con gli occhi pieni di lacrime. E come lei anche gli altri 45 assegnatari erano in preda all’emozione quando hanno avuto in mano le chiavi delle nuove case. È stata una festa nonostante fuori piovesse a dirotto. «È tutto bello, tutto nuovo», hanno ripetuto con stupore. Le 46 famiglie hanno così visto realizzarsi il sogno di avere una casa dignitosa dove potere passare un Natale diverso.
Tra i residenti c’è persino che dentro le baracche c’è nato e mai avrebbe pensato di poter abbandonare quelle casette che, negli ultimi mesi, hanno dimostrato la propria precarietà. Le due palazzine di Camaro Sottomontagna sono un primo passo verso il risanamento. «La consegna delle chiavi dei 46 alloggi – ha dichiarato il vicesindaco Salvatore Mondello – è per l’amministrazione comunale motivo di orgoglio e soddisfazione. Abbiamo rispettato i tempi, nonostante l’iter abbia subìto un rallentamento per questioni tecniche. È solo il primo passo – ha concluso Mondello -, a breve si procederà con la consegna degli alloggi dell’Annunziata Alta (Matteotti). Attraverso la buona volontà di tutti, superando le barriere ideologiche e politiche, si può costruire una città migliore ed a misura d’uomo».
Sulla scorta del censimento svolto il 30 e 31 agosto e l’1 settembre, su richiesta della Regione, nelle baracche vivono ancora 2.105 nuclei famigliari. Di questi, la parte più consistente si concentra tra Gazzi e Fondo Fucile, dove si contano 2.584 residenti. La strada per raggiungere l’obiettivo che si era prefissato De Luca dunque è ancora lunga. Le demolizioni inizieranno dopo che i residenti avranno liberato le baracche da mobilio e suppellettili. Si dovrà invece aspettare gennaio per la consegna dei restanti cinquanta alloggi all’Annunziata per altrettanti assegnatari che attendono di avere anche loro una casa vera. Il 23 dicembre si concluderanno le visite a domicilio dell’Asp: con la collaborazione dei medici di famiglia sono stati effettuati 1300 controlli. Adesso dovranno essere elaborati i dati, ma sembra che non sia riscontrato nessun caso di asbestosi – la malattia che deriva dall’esposizione all’amianto – dovuto alla permanenza in baracca.
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