Bando sulle periferie, ricorsi dei Comuni contro il governo In testa Palermo. Orlando: «Ma non è il partito dei sindaci»

«Ci viene chiesto senso di responsabilità ma non ci vengono dati i mezzi per attuarlo». Se non fosse il sindaco di Palermo Leoluca Orlando sarebbe un buon aforista. E a Palazzo Bonocore, di fronte una nutrita platea di colleghi provenienti da ogni parte d’Italia, il primo cittadino di Palermo si pone alla testa della battaglia contro il governo Lega-5stelle. Il motivo coincide col decreto Milleproroghe che ha di fatto congelato fino al 2020 il Bando sulle Periferie, la misura che dal giugno 2016 – con un primo bando da 500 milioni di euro che è stato poi rimpinguato in due ulteriori tranche per oltre un miliardo e 600 milioni di euro – avrebbe permesso a 326 Comuni di effettuare 1625 interventi per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie. Il primo a manifestare platealmente il proprio dissenso era stato proprio Orlando, quando aveva inflitto uno sgarbo istituzionale al premier Giuseppe Conte, non presentandosi all’appuntamento a Brancaccio in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico. Ora però a dar manforte al primo cittadino c’è una numerosa pattuglia di sindaci, che sono giunti in città in occasione della presentazione della mostra multimediale Milleperiferie.

«La nostra posizione non è più quella isterica del sindaco di Palermo – afferma Orlando – Ora la nostra è una posizione nazionale. Con noi ci sono anche sindaci 5 stelle, segno che la battaglia è di tutti. Non si tratta del partito dei sindaci, il mio partito continua a chiamarsi Palermo. L’intento è quello di promuovere un’azione legale al Tar nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e sollecitare le Regioni di riferimento ad impugnare il decreto in questione alla Consulta, con il sostegno dell’Anci che sta costituendo una cabina di regia. E qui a Palermo organizzeremo ogni anno il festival memento delle periferie e dei progetti bloccati, che non erano certamente costituiti soltanto da cemento e costruzioni. Il cambiamento deve essere culturale. Non è possibile assicurare la sicurezza delle periferie soltanto con le forze dell’ordine. Chi restituirà ai bambini dello Zen il giardino botanico?» aggiunge il sindaco, riferendosi a uno dei progetti specifici su Palermo che di fatto – come aveva denunciato a MeridioNews l’operatrice sociale Mariangela Di Gangi – verrebbero bloccati.

Sono 117 i progetti in Sicilia del Piano per le periferie, varato dai precedenti governi Renzi e Gentiloni, attualmente stoppati. Ed è per questo che al fianco di Orlando a Palazzo Bonocore siedono anche i sindaci di Agrigento e Catania, insieme all’assessore alla Formazione Roberto Lagalla. «Anche la Regione Siciliana ha preparato un ricorso alla Consulta – dice l’esponente del governo Musumeci – Noi abbiamo inoltre dato sostegno sin da subito all’Anci e al suo ricorso presso la Corte Costituzionale per la violazione dell’art.117 della Costituzione. A nostro avviso qui oggi si violano due centralità: quella degli enti territoriali e quella delle periferie, che invece devono tornare a costituire l’essenza dei nostri centri urbani». 

Il progetto Milleperiferie, ideato e diretto da I World, è un viaggio multimediale che all’interno di Palazzo Bonocore mostra le proposte dei Comuni e delle Città metropolitane in merito a situazioni che, come recitava il bando per le periferie, sono «caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza di servizi». L’obiettivo principale del progetto è di attivare a livello nazionale un processo di sensibilizzazione pubblica in merito alla riqualificazione delle periferie d’Italia. Piani attualmente congelati: da Napoli (coi soldi destinati al noto quartiere di Scampia) a Matera (che sarà Capitale europea della Cultura per il 2019), da Siracusa a Messina a Caltanissetta. Secondo le stime raccolte da Milleperiferie, oltre a far retrocedere i partner privati – che, con gli enti pubblici, si sono impegnati a garantire un cofinanziamento pubblico-privato di 1,1 miliardi di euro – il decreto Milleproroghe genera una perdita reale di 42mila posti di lavoro ed effetti diretti e indiretti su 9,5 miliardi di euro (considerando l’indotto).

Andrea Turco

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