ABBIAMO PROVATO A RACCOGLIERE, SINTETIZZANDOLE, ALCUNE CONSIDERAZIONI DELL’ECONOMISTA CHE, DA ANNI TEORIZZA L’USCITA DEL NOSTRO PAESE DAL SISTEMA DELLA MONETA UNICA
Lantidiplomatico.it riporta un lunga intervista al professore Alberto Bagnai, raccolta da Alessandro Bianchi, il cui contenuto è diretto a motivare scientificamente il vantaggio che l’Italia potrebbe trarre dalla sua uscita dalla zona euro. Addirittura le tesi dell’illustre economista consiglierebbero la dissoluzione dell’euro stesso.
Questa intervista la riprendiamo nelle parti più significative perché si tratta di un’altra autorevole voce di economisti illustri, molti dei quali premi Nobel per l’economia e dei quali già in precedenza abbiamo reso conto.
La nostra non vuole essere una campagna anti euro a tutti i costi, ma una informazione, la più larga possibile, del grande dibattito internazionale che sul tema dell’euro si è via via sviluppato da almeno un paio di anni a questa parte.
E’ vero che molte voci critiche non sono disinteressate. E’ vero che la nascita dell’euro ha visto da sempre gli Stati Uniti d’America ostili rispetto all’egemonia del dollaro nelle transazioni internazionali. Ma è pur vero che l’uso distorto che l’Unione europea e la Banca centrale ne hanno fatto ha fornito parecchio materiale ai critici dell’euro fin dalla sua nascita.
Tutti ammettono che l’euro è nato male. Tuttavia, nonostante tale consapevolezza da oltre dieci anni la moneta unica europea naviga in acque procellose senza che le autorità politiche europee abbiano fatto qualcosa per normalizzarne l’assetto istituzionale ed economico.
Intanto, accenniamo brevemente alla figura del professore Alberto Bagnai. E’ docente di Economia politica alla università “Gabriele d’Annunzio” di Pescara e curatore del blog Goofynomics, nonché autore de ‘Il tramonto dell’euro’ e spiega nell’intervista che in forma ridotta qui riportiamo, oltre che in gran parte della sua produzione scientifica, perché l’Italia avrebbe tutto l’interesse ad uscire dall’euro.
Il Manifesto di solidarietà europea che il professor Bagnai ha sottoscritto unitamente ad altri intellettuali ed economisti europei auspica la dissoluzione dell’euro mediante l’uscita dal suo sistema dei Paesi forti del Nord. Successivamente i Paesi del Sud potrebbero decidere se mantenerlo o creare altre valute o tornare ognuno alla sua moneta nazionale. (a destra, sopra, foto tratta da libri.archeologia.com)
Il professore Bagnai questa ipotesi la valuta sotto il profilo psicologico ed afferma: Se ad uscire per primo dall’euro fosse un Paese forte ci sarebbe meno panico. La soluzione più semplice sarebbe il ritorno della Germania al marco.
Questa idea, peraltro, è già stata avanzata nel 2010 da Joseph Stiglitz, economista della Columbia University (Usa) e successivamente da Stefan Kowalec, poltico ed economista polacco. Prosegue Bagnai: Quando l’Italia volle entrare nell’euro psicologicamente era una cosa giusta perché passava ad una moneta forte, ma economicamente sbagliata sul terreno razionale come sostenevano tutti gli economisti di rilievo internazionale.
Esistono alcuni studi che prendono in considerazione l’abbandono unilaterale dell’euro, Roger Bootle e il duo Woo e Vamvakidis.
All’interno del Manifesto – dice sempre il docente di Economia politica – stiamo studiando le conseguenze e gli scenari possibili alla fine dell’euro. E, per quanto riguarda l’Italia, il punto di vista del professore Bagnai è presto detto: “Il nostro Paese, data la sua struttura, farebbe meglio a tirarsi fuori il più presto possibile, al limite unilateralmente, perché ha ancora dei margini di recupero ed una struttura di vantaggi comparati che le consentirebbero di riprendersi abbastanza rapidamente. Lo studio di Woo e Vamvakidis, per esempio, considerate, almeno sette dimensioni economiche – tra le quali la crescita, i tassi d’interesse, il miglioramento dei conti con l’estero, ecc – sarebbe il Paese che trarrebbe maggior vantaggio ad uscire dall’euro. Ha i fondamentali migliori, fatta eccezione per l’enorme debito pubblico. Questo trarrebbe giovamento dalla riappropriazione della sovranità monetaria, perché non avrebbe bisogno di euro dall’estero pagati con alti tassi d’interesse”.
“L’Italia dentro l’euro – prosegue Bagnai – rischia di più che fuori dall’euro. Stare dentro l’euro significa sacrificare il reddito imponibile e la raccolta fiscale a causa dell’austerità, mentre fuori dall’euro gli italiani il loro debito se lo comprerebbero, anche mediante l’istituto di emissione e dei risparmiatori.
La nostra ricerca è orientata a smettere di ripetere le stesse cose – aggiunge – perché chi vuole capire le ha già capite e chi non le vuole capire verrà salvato, suo malgrado, dal disastro.
Le considerazioni del professor Bagnai proseguono con una spietata analisi politica, specie nei riguardi della sinistra, quella critica e quella liberista. A questo proposito ricorda che già tre anni addietro sul Manifesto ho scritto che l’euro è l’espressione di un regime fascista perché scarica il peso dei suoi aggiustamenti sulle classi subalterne. Ed è anche paternalista perché ha imposto l’euro come strumento che doveva guidare il continente dove avevano deciso di portarlo le élite finanziarie. Non a caso di questo processo si sono avvalsi i partiti di destra.
“La sinistra – dice – non è più in grado di leggere gli inevitabili sbocchi di queste dinamiche economiche. Finirà stritolata dalla propria demenza o dal suo coinvolgimento in interessi inconfessabili. La sinistra europea (PD, Partiti socialisti francese e spagnolo, il greco Pasok) è molto più a destra e molto più liberista dei partiti di destra presentabili. Sta continuando sulla strada assurda di identificare l’euro con l’Europa. A breve sarà costretta a buttare il bambino (l’Europa) con l’acqua sporca (l’euro) nella quale essa stessa sta affogando.
Per non parlare, poi, della sinistra critica: Mi fa pena – dice Bagnai -. Il segretario di Rifondazione comunista nel corso di un dibattito mi ha spiegato che non è possibile uscire dall’euro perché sarebbe contro i trattati, ma che questi dovevano essere necessariamente infranti perché le regole fiscali sono assurde.
Se il livello di elaborazione politica è questo – dice l’economista – si capisce solo una cosa: esiste una sinistra pseudo-critica che a livello locale ha bisogno di fare patti di desistenza con la sinistra ultra-liberista per spartirsi municipalizzate e altre piccole posizioni di potere. Intanto, la gente comune ha capito che oggi la lotta di classe non è più tra operaio e padrone, bensì tra piccolo e grande. Il piccolo imprenditore non è un tuo nemico e se sostieni l’euro fai il gioco delle grandi banche internazionali, sacrificando la sua piccola azienda che va in fallimento e l’operaio resta disoccupato.
Nota conclusiva. L’intervista è molto più ampia e altrettanto documentata. Noi ci siamo limitati a riferire i passaggi più immediatamente significativi del Bagnai-pensiero perché ci è sembrato molto puntuale sulla crisi dell’euro, dell’Europa e delle forze di ‘progresso’ europee e del nostro Paese.
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