E’ la prima volta che si tocca con mano quanto i Gruppi parlamentari costituiti presso il Parlamento Europeo possano esercitare un’influenza nella politica italiana. Il Gruppo del Partito Popolare Europeo vuole che la situazione politica italiana si stabilizzi; dunque disapprova che un partito italiano aderente alla famiglia dei Popolari europei, il Popolo della libertà, abbia messo in crisi il Governo guidato da Mario Monti.
Di più: il Gruppo del PPE chiede direttamente a Monti di rompere gli indugi e di acquisire una legittimazione popolare ponendosi a capo di una coalizione elettorale che lo candidi alla carica di Presidente del Consiglio.
Queste autorevoli pressioni denotano però una conoscenza molto approssimativa della situazione politica italiana. Non sono in discussione le convinzioni soggettive di Monti. Si tratta di un moderato. Cattolico, ma senza la deprecabile propensione ad ostentare la fede per strumentalizzarla a fini mondani. Liberale, nella versione anglofila: dunque liberista, fautore dell’economia di mercato, ma pronto a ricondurre ogni rigidità ideologica ad un sano pragmatismo. Con caratteristiche di questo tipo, è chiaro che Monti si collochi naturalmente in uno schieramento di centrodestra europeo.
Il problema è che Monti non può oggi porsi a capo di uno schieramento elettorale perché non controlla alcuno dei partiti che lo dovrebbero prima sostenere nella competizione elettorale e poi, ciò che è più importante, gli dovrebbero dare sostegno parlamentare per attuare il suo programma di governo.
Silvio Berlusconi, che non è stupido e dunque non ha alcuna intenzione di mettersi in rotta di collisione con l’Europa che conta e con l’Amministrazione degli Stati Uniti, è pronto a largheggiare in concessioni a Monti. E’ evidente però che i parlamentari del Popolo della Libertà (o come si chiamerà il partito berlusconiano) saranno selezionati, cioè nominati, da Berlusconi medesimo. Scelti in base al rapporto fiduciario che hanno con lui.
Gli incauti esponenti del PPE vorrebbero costringere Monti a questo destino: essere, nominalmente, il leader di una coalizione; in realtà trovarsi nelle condizioni del re travicello, quotidianamente costretto a fare i conti con l’azionista di maggioranza del suo schieramento. Un azionista che potrebbe orientare il voto di un considerevole numero di parlamentari, e dunque avrebbe il potere di mettere becco in ogni scelta.
Anche Mario Monti non è stupido; penso, quindi, che non cadrà in questa trappola. Con buona pace delle teste pensanti europee. Ha studiato l’Eneide e conosce il detto: «Timeo Danaos … et dona ferentes».
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