«Stavolta non ci fermeremo, siamo stati presi in giro una volta ma non si ripeterà». Gli autotrasportatori siciliani che si riconoscono nella sigla Aias annunciano un nuovo blocco dei porti e dei maggiori snodi di viabilità dell’isola, per protestare contro le condizioni delle strade siciliane e l’aumento dei noli marittimi. Una decisione che arriva quasi tre settimane dopo dallo stop presto smorzato all’indomani della Befana. «Il 7 gennaio abbiamo deciso di sospendere la protesta perché la Regione e il ministero avevano promesso di convocare un tavolo a cui saremmo stati chiamati a partecipare – commenta il presidente di Aias Giuseppe Richichi – Oggi possiamo dire che ci si è fermati alle parole. E allora stavolta ci comporteremo diversamente».
Il blocco, previsto sicuramente nei porti di Catania, Palermo e Messina, dovrebbe scattare alla mezzanotte del 13 febbraio e andare avanti fino all’intera giornata del 18 febbraio. Cinque giorni in cui in Sicilia non arriverebbero più merci. «Le condizioni dell’autostrada Palermo-Catania, l’obbligo di deviare e salire su per i monti, lungo strade inadatte, è qualcosa di inaccettabile nel 2020 – continua Richichi – e non lo è soltanto per chi fa questo lavoro. Tutta la società civile dovrebbe reagire e protestare contro un generale stato di abbandono».
Il presidente dell’associazione di categoria punta il dito contro la politica. Tanto quella regionale che quella nazionale. «Da cittadino non mi spiego come non si riesca ad andare a Roma a sbattere i pugni sul tavolo, questa terra sta morendo in silenzio», attacca Richici, facendo riferimento al governo Musumeci. Anche nei confronti del viceministro Giancarlo Cancelleri le parole non sono dolci. «Aveva assunto un impegno, ma evidentemente anche lui non riesce a mantenerli», taglia corto il presidente di Aias.
In occasione del blocco, gli autotrasportatori hanno annunciato attività di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini. «Faremo volantinaggio, le persone devono capire che questi problemi si riversano su tutti i cittadini. Una protesta come nel 2012? Il nostro obiettivo finale non è quello di creare disagi, ma di portare le istituzioni a fare qualcosa di concreto. E forse – conclude Richichi – solo quando la merce inizierà a mancare sugli scaffali un po’ tutti inizieranno a interessarsi del problema».
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