A fine agosto il riassetto delle Autorità portuali italiane sembrava cosa fatta: dopo mesi di confronti, proposte e pressioni politiche, il consiglio dei Ministri avrebbe dovuto inserire nel famoso decreto Sblocca Italia (lo stesso delle velocizzazione della linea ferroviaria Catania-Palermo-Messina) la riduzione degli enti da 24 a 15. La bozza del testo era già stata diffusa. Si sapeva anche il numero dell’articolo, il 39, inserito nel pacchetto 10, dedicato a porti e nautica. In Sicilia ci sarebbero stati due accorpamenti: nella parte occidentale era prevista l’autorità di Palermo-Trapani; sullo Stretto, Messina si sarebbe legata a Gioia Tauro, unica grande autorità calabrese; infine Catania e Augusta avrebbero formato l’unico ente per la parte sud orientale dell’Isola. Ma il condizionale è d’obbligo visto che nel decreto legge pubblicato in gazzetta ufficiale il 12 settembre di tutto questo non c’è traccia. Cassata la riduzione delle autorità portuali, resta solo l’idea di lanciare un nuovo Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, redatto dal ministero dei Trasporti.
E’ l’articolo 29 a soffermarsi sul tema porti. Due paragrafi in cui si riafferma la volontà di «razionalizzazione, riassetto e accorpamento delle Autorità portuali esistenti». Modifiche che però restano subordinate al nuovo piano strategico. In sostanza, passeranno ancora diversi mesi, almeno cinque in base al cronoprogramma degli interventi stilato dallo stesso decreto Sblocca Italia.
Il sindaco Enzo Bianco, subito dopo l’incontro al ministero delle Infrastrutture dell’11 settembre, ha confermato che il sistema portuale siciliano va verso la riorganizzazione sui tre poli descritti: Palermo-Termini, Catania-Augusta e Messina-Gioia Tauro. D’altronde da quando il primo cittadino catanese ha decisamente volto lo sguardo verso sud-est, alle province di Siracusa e Ragusa, il sindaco di Messina, Renato Accorinti, è stato obbligato a guardare oltre lo Stretto. «Messina rivendica la sua autonomia e ritiene che eventuali accorpamenti di Autorità Portuali, qualora inevitabili, debbano comunque seguire una logica di complementarietà funzionale e di potenziamento e sviluppo», affermava Accorinti a fine agosto. Una complementarietà da trovare più con Gioia Tauro che con Catania. Le due sponde dello Stretto, se unite in un unico ente portuale, rappresenterebbero il primo porto nazionale per traffico merci, per traffico ro-ro e passeggeri.
Con ogni probabilità solo dopo che i pezzi di questo puzzle nazionale andranno al loro posto, anche a Catania si potrà sbloccare una situazione che vede l’autorità portuale commissariata dal 2012. Per non parlare della mancanza di un piano regolatore del porto di cui Catania negli ultimi 20 anni non è stata capace di dotarsi. Una lacuna che Giancarlo Minaldi, docente dell’Università di Palermo, in un suo approfondito studio, ha addebitato da un lato «al vuoto della politica locale, dallaltro a uneccessiva politicizzazione per lungo tempo dei vertici dellautorità portuale».
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