L’aumento della tassa sull’immondizia porta la maggioranza di Salvo Pogliese fino a un passo dalla crisi conclamata. La seconda bocciatura di fila di un atto dell’amministrazione da parte del consiglio comunale per lunghi momenti è parsa più che un’ipotesi. Una ventina i consiglieri presenti, compreso il Movimento 5 stelle e l’unico superstite del centrosinistra, Lanfranco Zappalà. Al centrodestra servivano 15 voti, soglia che si concretizza solo a tarda sera, con la comparsa in aula del consigliere Alessandro Messina di Diventerà bellissima. A quel punto l’ormai famigerato rincaro del 14 per cento della Tari viene approvato, mentre i pentastellati lasciano l’aula delusi per il fallito blitz.
In effetti, l’M5s aveva legittimamente potuto confidare in una nuova Caporetto della maggioranza. Lunedì era bastato il mancato voto della scheggia impazzita Andrea Barresi, consigliere del gruppo misto eletto in una lista civica di Pogliese, per far saltare l’ok sulla tassa di soggiorno. Troppo indebolito, il centrodestra, dalle fumose assenze dei consiglieri in un mix di malumori dichiarati e non, malanni di stagione e fughe a seduta di corso. Ieri sera il vuoto, fra i banchi della maggioranza, lo definiva la defezione di massa dei consiglieri del misto e delle civiche patrocinate dal sindaco.
Non si fanno neppure vedere Agatino Giusti, Bartolomeo Curia, Salvo Peci. Salvo Giuffrida e il lombardiano Alessandro Campisi fanno sapere di non poter esserci per motivi di salute. Assente pure l’eletto con Forza Italia Giovanni Petralia, uomo dell’ex consigliere provinciale Elio Tagliaferro che con il sindaco Pogliese è in totale rotta. A metà seduta, invece, il più rumoroso dei ribelli, Andrea Barresi, tira su lo zainetto e lascia Palazzo degli elefanti. Poco dopo lo segue Paola Parisi, anche lei eletta in una civica pogliesiana, unica a motivare il dissenso sul piano politico. «Questo aumento della Tari non mi piace e non lo voterò, si scarica tutto sulle tasche dei cittadini». La sua controproposta, che redistribuiva i rincari soprattutto su imprese e commercio, era stata giudicata inattuabile dalla giunta.
L’addio di Parisi mette l’amministrazione di fronte al chiaro spettro del flop. Quota 15 è un miraggio e il presidente Giuseppe Castiglione stoppa l’aula rumorosa con una sospensione quanto mai azzeccata. L’amministrazione Pogliese, all’intervallo, è sotto. La saletta accanto l’aula consiliare diventa così lo spogliatoio delle inquietudini della maggioranza. Il sindaco riunisce lo zoccolo duro – da FI a Fratelli d’Italia, fino a Grande Catania e Diventerà bellissima – e si attacca allo smartphone. Il salvifico innesto di formazione è anche il più insperato: Alessandro Messina, ex dagostiniano di Catania futura poi confluito nel movimento di Nello Musumeci, non ha finora brillato per presenze in aula e numero di votazioni.
Il suo arrivo mette al sicuro l’amministrazione. Il 5 stelle vanno via, rimanendo però a protestare fra i banchi del pubblico. Pogliese sorride, ma già oggi la bagarre consiliare ricomincia con la tassa di soggiorno affossata sempre dai mal di pancia. Davanti ai numeri che non ci sono, l’umore al vertice è di tenere la linea dura: «Porte aperte per tutti, ma nessuno spazio per i ricatti». Altre voci, sussurri sempre dal cuore dell’amministrazione, optano per non andare troppo per il sottile nella disamina: «Molti consiglieri sono inaffidabili per definizione, non c’è molto da aspettarsi».
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