Augusta, gli accordi tra Comune e mafia Tra gli appalti truccati, anche il cimitero

Gli interessi economici delle cosche mafiose, i legami all’imprenditoria locale e le collusioni con l’amministrazione comunale megarese per il controllo di appalti, servizi e fondi pubblici. Ad emergere in questi giorni ad Augusta è un sistema affaristico mafioso a cui non sfuggiva nemmeno la gestione del cimitero. «Una fitta e intricata rete di amicizie e frequentazioni» che tiene insieme assessori, consiglieri e funzionari dell’ente «vicini all’ambiente malavitoso» capace di orientare le scelte politiche in favore di soggetti privati riconducibili alle organizzazioni criminali. Sono le conclusioni a cui giunge il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri nel dettagliato fascicolo che accompagna il provvedimento di scioglimento del Comune megarese, da venerdì retto da una commissione straordinaria nominata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Un Comune sull’orlo del dissesto finanziario e «da tempo governato dai medesimi gruppi familiari» trasversalmente collegati alle organizzazioni mafiose. Così scriveva l’allora prefetto di Siracusa Renato Franceschelli nella nutrita relazione prodotta nel dicembre dello scorso anno e indirizzata al ministro Cancellieri, al termine di una lunga ispezione amministrativa degli archivi dell’ente. Un documento che si basa sui risultati della parallela inchiesta giudiziaria – denominata Morsa 2 – coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania. Un filone d’indagine non ancora concluso che coinvolge noti politici e amministratori del Siracusano, accusati di reati che vanno dal concorso esterno in associazione mafiosa al voto di scambio aggravato, tra cui proprio l’ex sindaco del partito democratico Massimo Carrubba – costretto per ciò alle dimissioni nel mese di agosto – insieme al suo ex assessore agli Affari cimiteriali Luigi Antonio Giunta e al consigliere comunale Carmelo Trovato.

I fatti contestati risalgono alle elezioni comunali del giugno 2008, in vista delle quali gli amministratori megaresi si sarebbero accordati con esponenti della criminalità organizzata per ottenere l’appoggio nella competizione elettorale, in seguito vinta dallo stesso Carrubba contro lo schieramento di centrodestra. Come contropartita, sindaco e assessore avrebbero fornito agli esponenti della cosca mafiosa locale un collegamento extra istituzionale costituito da rapporti personali per garantire l’accesso a informazioni relative a programmi e appalti, non accessibili ai normali cittadini.

In questo contesto, come sottolinea la nota ministeriale, un ruolo cruciale l’avrebbe svolto l’ex consigliere comunale Fabrizio Blandino – «presente nell’amministrazione comunale sin dal 1994» – risultato primo degli eletti alle amministrative del 2003 e condannato nel 2006 per associazione mafiosa «con l’aggravante di aver organizzato l’associazione nella rispettiva area di influenza», affiliato al clan Nardo di Lentini «fino a diventarne referente per la città di Augusta». Secondo gli inquirenti – anche dopo la sentenza di condanna per mafia – il Blandino, arrestato nuovamente a dicembre dello scorso anno nell’ambito dell’operazione antimafia Nostradamus, avrebbe mantenuto la sua presenza all’interno degli uffici comunali continuando a incidere su tutti gli schieramenti politici, favorendo da ultimo la rielezione di Carrubba. La relazione del prefetto aveva inoltre evidenziato come all’interno dell’ufficio Ricostruzione operasse un suo «stretto congiunto appositamente assegnato in tale ufficio» allo scopo di perseguire gli interessi illeciti della cellula mafiosa di cui il Blandino era referente.

«Un ruolo preponderante all’interno dell’amministrazione comunale ha assunto anche il direttore generale (Gaetano Petracca, ndr)», sottolinea il ministro, come appurato nella relazione dal prefetto Franceschelli. Il professionista in questione, posto ai vertici dell’apparato burocratico comunale, «agevolato dall’appartenere al gruppo affaristico mafioso che ha appoggiato la candidatura del sindaco – si legge ancora nella nota ministeriale – è stato in grado di orientare le scelte del Comune di Augusta a vantaggio delle sue molteplici attività imprenditoriali». Alcune operanti proprio negli stessi settori da lui curati o sottoposti al suo coordinamento.

Nei lavori pubblici, in particolare, l’esame delle carte rivela irregolarità nelle procedure per l’assegnazione di appalti a soggetti o imprese riconducibili, direttamente o indirettamente, all’ambiente malavitoso. Tra le opere di particolare interesse per la locale cellula mafiosa, si menziona la ristrutturazione del convento di San Domenico e l’adeguamento delle vie di fuga del Lungomare Rossini. Influenza su appalti e subappalti a cui si affianca, più in generale, l’impronta sullo sviluppo urbanistico del territorio «per lo più determinato dai privati mediante piani attuativi di dettaglio e piani di lottizzazione».

Un quadro d’illegalità e «uso distorto della cosa pubblica» che include persino «un vero e proprio sistema di affidamento pilotato» nella realizzazione di cappelle e loculi cimiteriali, con l’ex assessore agli Affari cimiteriali nel «ruolo di manager», per il conseguimento di profitti illegittimi attraverso le concessioni delle aree e l’affidamento dei lavori a ditte private in odor di mafia «suggerite dallo stesso amministratore». Nelle prossime settimane, su CTzen, tutti gli approfondimenti, caso per caso.

Gianmarco Catalano

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