Se n’è andato ieri un grande protagonista dello sport catanese. Sotto varie vesti, infatti, Vito Riolo è stato un vero e proprio punto di riferimento per tutti coloro che all’ombra del Vulcano desideravano avvicinarsi al variegato e complesso mondo dell’atletica leggera. Un tecnico dalla cultura vastissima, con due lauree (Isef e Statistica) che solo a un occhio superficiale potevano sembrare distanti e non connesse. L’approccio matematico, infatti, gli permetteva una precisione nell’analisi degli allenamenti che non era certo comune, soprattutto in un’epoca priva delle attuali tecnologie. Riolo è stato, in primis, un eccellente mezzofondista (campione italiano Juniores nel ’67), capace nello stesso anno di mettere a segno la miglior prestazione italiana sui 3000 metri (8’28”00). Formatosi all’Isef e cresciuto seguendo gli insegnamenti del maestro Bruno Cacchi, Riolo ha vissuto il suo momento d’oro tra ’66 e ’69: periodo a cui risalgono i suoi migliori tempi sui 1500, 3000, 5000 e 10000 metri.
Diventato allenatore nei primi anni ’70, Riolo ha fondato la società Uisp Invicta Catania, attraverso cui era riuscito a coinvolgere molti ragazzi provenienti dai quartieri periferici del capoluogo. San Cristoforo, San Giorgio, Librino e Monte Po: il tecnico setacciava le complicate periferie etnee, cercando di allontanare i giovani dalle problematiche della strada. «Era come un padre per i suoi atleti. Li andava personalmente a prendere – ricorda a MeridioNews Michelangelo Granata, segretario della Fidal Catania – per poi recarsi al campo d’allenamento. Ha formato tanti ottimi mezzofondisti». La passione per l’atletica lo ha accompagnato fino alla fine. «Venerdì scorso ha diretto l’ultimo allenamento al campo scuola. Aveva una competenza infinita e riusciva a occuparsi sia di marcia che di mezzofondo. Negli ultimi giorni non ci eravamo sentiti: la figlia lo aveva visto affaticato. Ho il rimpianto – sottolinea – di non averlo chiamato negli ultimi giorni».
A Granata è toccato anche l’ingrato compito di comunicare la notizia a Giuseppe Ardizzone ed Elio Sicari, compagni di squadra negli anni ’60. «Sono rimasti entrambi senza parole. Ricordo le loro sedute di allenamento sul bagnasciuga della Playa, correndo a tutta per parecchi chilometri». Carica e passionalità che Riolo metteva anche quando seguiva le gare dei suoi ragazzi. «Incitava gli atleti – afferma sorridendo Granata – con la sua voce immensa, gridando a squarciagola. Era una persona vulcanica e poliedrica: un vero e proprio caposaldo dell’atletica siciliana». Parole condivise anche da Salvo Pisana, allenatore modicano che ha conosciuto Riolo da insegnante all’Isef di Catania. «Era un uomo eclettico: grande atleta, ma anche eccelso docente e allenatore. Aveva una memoria invidiabile: snocciolava tempi e misure con una precisione stupefacente. Era una persona cara, con cui ho condiviso momenti piacevoli».
Sono molti gli aneddoti che legano Pisana a Riolo. «Mi piaceva il suo essere schietto. Ricordo bene le belle e lunghe discussioni – afferma il tecnico – affrontate quando eravamo in raduno a Piano Battaglia. Si parlava di programmazione e atletica, spaziando poi dalla politica al calcio. Era un grande tifoso della Roma». L’impressione che emerge è quella della fine, anche simbolica, di un’epoca di grandi successi per l’atletica catanese. «È stato un vero e proprio vulcano. Difendeva a spada tratta le sue idee: era un uomo attivo e molto caparbio». L’eredità che lascia ai tecnici di oggi è, per Pisana, quella legata al suo grande impegno nel sociale. «Attirava verso l’atletica i ragazzi delle zone più umili della città – conclude l’intervistato – riuscendo a motivarli. Diceva che non bisognava lasciare indietro nessuno, mai».
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