Il ricorso elettorale andava avanti da inizio legislatura. A presentarlo era stato Giuseppe Laccoto, ex presidente della commissione Sanità all’Ars e primo dei non eletti nella lista del Pd a Messina. Si era scagliato contro l’elezione di Franco De Domenico, sostenendone l’illegittimità a causa del precedente incarico (direttore generale dell’Università di Messina) ricoperto da De Domenico al momento dell’accettazione della candidatura.
Di udienza in udienza (compresa una richiesta di parere alla Corte Costituzionale, che però non è entrata nel merito rimandando alla legge regionale) l’iter è andato avanti per quasi due anni, fino a oggi, quando il tribunale di Palermo si è espresso a favore del ricorso di Laccoto, che ad aprile di quest’anno è stato eletto sindaco di Brolo. Con il pronunciamento di oggi di fatto De Domenico finisce negli spogliatoi.
Ma il parlamentare regionale non getta la spugna e al contrario annuncia di volersi appellare alla sentenza di primo grado. Aggiungendo anche che, come sancito da un decreto legislativo del 2011, «l’efficacia esecutiva dell’ordinanza pronunciata dal tribunale è sospesa in pendenza di appello».
«Prendo atto – dichiara De Domenico – della sentenza del Tribunale di Palermo e non intendo commentarla, perché ritengo che le decisioni delle istituzioni giudiziarie vadano rispettate. Tuttavia proprio nel rispetto dei valori istituzionali, nella convinzione della legittimità del mio percorso e della correttezza delle mie ragioni, proporrò appello. Ritengo pertanto – continua il deputato dem – che la vicenda non sia assolutamente conclusa e finché ciò non avverrà continuerò a garantire il mio impegno al servizio dei cittadini della mia provincia sui banchi dell’Ars».
Immediata la controreplica di Laccoto, che considera il ricorso in appello «strumentale» e aggiunge di sentirsi «legittimato a chiedere i danni nelle sedi opportune». Insomma, la vicenda è destinata a durare ancora a lungo. Qualora effettivamente Laccoto, che ha già aderito a Italia Viva di Matteo Renzi, dovesse insediarsi, il gruppo del Partito democratico in Assemblea perderebbe un altro deputato, che si aggiungerebbe ai quattro che compongono già il gruppo dei renziani a Sala d’Ercole.
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