Ars, la nuova manovra, per evitare l’impugnativa, dovrà ridurre il monte ore dei precari

DUBITIAMO CHE IL GOVERNO CROCETTA AVRA’ LA FORZA PER UNA SVOLTA COSI’ RADICALE. PER QUESTO (MA ANCHE PER ALTRO) IL GOVERNATORE DELLA SICILIA FAREBBE BENE A RASSEGNARE LE DIMISSIONI

La settimana politica e parlamentare si apre con i pesantissimi effetti dell’impugnativa disposta dall’Ufficio del Commissario dello Stato. La Finanziaria regionale 2014 è uscita massacrata. Con il Governo regionale di Rosario Crocetta che si lecca le ferite.
Nei giorni scorsi ne abbiamo sentite di cotte e di crude. Soprattutto da parte del presidente della Regione che ha perso non una, ma tante occasioni per restarsene zitto. Oggi proveremo a ragionare non soltanto su quest’impugnativa, ma sull’incompatibilità, ormai strutturale, tra il Governo Crocetta e la Sicilia. In parole semplici proveremo a dimostrare, quasi ‘matematicamente’, perché l’attuale governatore farebbe bene a rassegnare le dimissioni.

Partiamo da tre elementi politici oggettivi, tra di loro concatenati, che sono sotto gli occhi di tutti.

Primo: lo scenario europeo che impoverisce l’Italia e quindi, a cascata, tutte le regioni italiane.

Secondo: le difficoltà finanziarie della Regione, in parte legate allo scenario nazionale, in parte legate a scelte politiche siciliane sbagliate.

Terzo: la ‘filosofia’ del Governo Crocetta, che non fa gli interessi della Sicilia, ma di precisi gruppi di potere: e questo, forse, è l’elemento più grave, perché in un momento economico difficilissimo un Governo regionale che penalizza imprese e famiglie della nostra Isola per difendere interessi particolari ha provocato e continua a provocare effetti devastanti.

Cominciamo con il primo punto: l’Unione europea, o presunta tale. Questo è un concetto che descriviamo spesso. Sulla rete – e anche in alcune pubblicazioni che per fortuna si vanno sempre più diffondendo – il dibattito sulla moneta unica europea ha chiarito molti punti. Il debito pubblico italiano non è pagabile. Chi ci ‘lavora’ su non l’ha fatto e non lo fa per farsi pagare gli interessi sul debito, ma per tenere ‘imprigionato’ il nostro Paese.
L’euro è un elemento che frena la nostra economia. Se ne sono accorti anche le piccole e medie imprese – soprattutto del Centro Nord Italia – che non riescono più a esportare. L’euro è una ‘trappola’ nella quale l’Italia è caduta grazie all’inconsistenza (o alla connivenza?) di chi ha amministrato l’Italia negli anni ’90.
Non scopriamo nulla di nuovo se diciamo che i leader italiani di quegli anni – a cominciare da Prodi – magnificavano l’euro, mentre ben dieci Paesi dell’Unione europea si tenevano fuori dall’euro, temendo, a ragione, di finire ‘imprigionati’.

Pensare, ormai, di risolvere i problemi dell’Italia vendendo i nostri ‘gioielli di famiglia’ (Poste, Finmeccanica, eccetera) è una pia illusione. Anche perché chi ha ‘intrappolato’ l’Italia, la Grecia, la Spagna e il Portogallo nell’euro l’ha fatto proprio per mettere in difficoltà questi Paesi, non certo per aiutarli.
L’unità monetaria prima dell’unità politica europea è stata e continua ad essere devastante. Il risultato è che adesso ci troviamo con un debito di 2 mila e 100 miliardi di euro e sarà impossibile venirne fuori. Che succederà?

Intanto non siamo più liberi. Abbiamo perso la sovranità monetaria. Non siamo più padroni del nostro Bilancio (il Bilancio dello Stato italiano, grazie al Two Pack, l’approva Bruxelles). E non ci consentiranno nemmeno di ripristinare le preferenze per eleggere i nostri parlamentari nazionali.
Il cosiddetto Italicum – che poi non sarebbe altro che la riproposizione del Porcellum addirittura peggiorato con uno sbarramento dell’8 per cento per chi non si aggregherà ai Partiti maggiori! – non lo vogliono Berlusconi e Renzi: lo vogliono i poteri forti che hanno bisogno di parlamentari ‘camerieri’ per fargli approvare altre ‘schifezze’ dopo Fiscal Compact e Two Pack.

Questi concetti sono – lo ribadiamo – ormai molto chiari. L’economista post keynesiano Nino Galloni, in alcune pubblicazioni, ha dimostrato che il debito italiano non è pagabile e serve solo per tenerci ‘prigionieri’ e imporci politiche contrarie agli interessi del nostro Paese. Ma questa condizione non è ancora di dominio pubblico. Anche perché si fa strada un’altra illusione: la possibilità di cambiare l’Europa dal di dentro.

Lo scenario europeo si riflette negativamente in tutte le Regioni italiane. Per “tenere i conti a posto” (formula magica che nasconde il fatto che paghiamo interessi sui debiti elevatissimi) nel 2013 la Regione siciliana ha consegnato a Roma 914 milioni di euro. Esborso che ha fatto saltare tutti i conti regionali (c’era già un miliardo circa di indebitamento).

Quest’anno Roma si prenderà un altro miliardo di euro. Questo ‘scippo’ viene tenuto per metà nascosto: tant’è vero che, nel Bilancio regionale 2014, si ipotizzano i due ‘famigerati’ scenari: uno scenario con 500 milioni in più perché Roma ci fa lo sconto; uno scenario con lo scippo di un miliardo secco.

Lo scenario più credibile è il secondo, ovvero lo scippo di un miliardo di euro dai conti regionali 2014. Con un esborso così pesante la Regione avrebbe dovuto rivedere le proprie spese. Invece Governo e Ars, insieme, si sono incaponiti nel mantenere quasi tutto il precariato a pieno regime. Una follia.
Ricordiamo che, in Sicilia, i precari non sono soltanto i 30 mila circa degli enti locali: sono circa 90 mila e forse di più (gli ultimi arrivati sono i 13 mila dipendenti degli Ato rifiuti).
Solo i 30 mila precari degli enti locali costano ogni anno 330 milioni di euro. Sarebbe bastato ridurre da 36 ore a 24 ore il contratto di questi precari per risparmiare almeno 110 milioni di euro. Ma Governo e Ars si sono rifiutati, forse perché pensavano alle elezioni europee di maggio.
La verità è che il Bilancio regionale è quello che è e i conti, soprattutto sul fronte delle spese, non possono essere nascosti o, peggio, truccati. I conti della Regione siciliana, quest’anno, sono saltati perché la politica nel suo insieme, tranne poche eccezioni, ha provato a mantenere tutto il precariato.

Ora, quando tutti i soldi disponibili vengono impiegati per pagare i precari, per pagare le altre categorie non rimane che ‘saccheggiare’ il Bilancio. Che è quello che è avvenuto con i fondi di riserva, con le regolazioni contabili e, soprattutto, con il fondo rischi, ovvero con il fondo che dovrebbe fronteggiare la montagna di entrate dubbie, se non fittizie: circa 3 miliardi di euro (residui attivi).

Il presidente Crocetta ha accusato l’Ufficio del Commissario dello Stato di essere andato oltre il seminato. In realtà, come abbiamo scritto la scorsa settimana, l’impugnativa è corretta ed estremamente ‘tecnica’. Gli uffici del Commissario dello Stato si sono limitati a stigmatizzare la mancata copertura finanziaria di circa 550 milioni di euro.
Quello che il governatore Crocetta fa finta di non vedere è, invece, l’atto – questo sì politico! – dell’Ufficio del Commissario dello Stato, che avrebbe dovuto impugnare anche il ‘Bilancio a due velocità’: un Bilancio regionale 2014 che è sostanzialmente privo di copertura finanziaria. Se il Bilancio 2014 fosse stato impugnato, Governo e Ars sarebbero andati a casa. Ma questo l’Ufficio del Commissario dello Stato non l’ha fatto, salvando, di fatto, Governo e Ars.

In questi giorni leggiamo dichiarazioni dell’assessore all’Economia, Luca Bianchi, che è il vero sconfitto di questo sofferto passaggio politico e parlamentare. Bianchi dice che, adesso, ci vuole una manovra aggiuntiva per pagare gli stipendi a chi è rimasto privo di ‘coperta’.
La nostra sensazione è che la politica siciliana non abbia recepito la ‘lezione’. Per fare una nuova manovra – cioè con una nuova sessione legislativa dedicata ai conti economici regionali – ci vogliono i soldi. Da dove li vorrebbero prendere i soldi Bianchi e Crocetta? Di nuovo dalle regolazioni contabili, dai fondi di riserva e, soprattutto, dal fondo rischi? Se faranno una cosa del genere si ‘beccheranno’ una seconda impugnativa!
E’ inutile che ci giriamo attorno. Nelle scorse settimane abbiamo scritto che, ormai, per pagare i precari siciliani si tolgono soldi a tutte le altre categorie. Tutti quelli che sono rimasti oggi privi di risorse – compresi i dipendenti pubblici – sono arrivati a questo punto non perché c’è stata l’impugnativa del Commissario dello Stato, ma perché la politica siciliana si attarda ancora a pagare oltre 90 mila precari.

La Regione siciliana non si può più permettere di pagare tutti questi precari. La Sicilia deve aprire un tavolo con Roma e Bruxelles e porre il problema. Ipotizzando un salario minimo garantito per questi precari che non possono più restare a carico del Bilancio regionale. Questo a partire dal prossimo anno. Da quest’anno, se si vogliono reperire risorse, va ridotto il monte ore dei precari. Questa è l’unica soluzione, a breve, per scongiurare una seconda impugnativa.

Infine la terza questione: lo ‘stile’ del Governo Crocetta. L’attuale esecutivo non sta facendo gli interessi della Sicilia. Su questo punto, ormai, non ci dovrebbero essere dubbi. In un momento economico difficilissimo, con l’Italia ‘prigioniera’ dei poteri forti massonici che si sono impadroniti dell’Unione europea, l’unica cosa che non ci vuole, per la Sicilia, è un Governo che porta avanti solo ‘operazioni’ per i pochi.
La scorsa settimana i parlamentari grillini hanno denunciato un fatto gravissimo: il prezziario delle energie alternative gonfiato. Con molta probabilità, per quello che sappiamo noi, la responsabilità di un fatto così grave non è dall’assessorato all’Energia, ma dei ‘furbi’ che oggi gestiscono, in modo piuttosto discutibile, l’assessorato regionale alle Infrastrutture.

Ma questa inquietante vicenda delle energie alternative con i prezzi ‘gonfiati’ è solo uno dei tanti esempi di malgoverno. Che dire dell’acqua ancora nelle mani dei privati dopo un anno di ‘rivoluzione’? O dei rifiuti ancora gestiti con le discariche? Che dire del Muos di Niscemi che sta per iniziare a emettere le tremende onde elettromagnetiche? Che dire del saccheggio continuo ai danni dei circa 10 mila dipendenti della formazione professionale? Che dire delle continuo offese ai dipendenti regionali? Che dire dell’agricoltura allo sbando? Della mancata rendicontazione del Piano di sviluppo rurale?
Ancora: che dire del maldestro tentativo di far contrarre un mutuo da un miliardo di euro alla Regione, ‘operazione’ portata avanti scorrettamente durante la sessione di Bilancio e Finanziaria? Pensate un po’ cosa sarebbe successo se il mutuo fosse stato approvato: ci saremmo trovati con 550 milioni di euro da reperire per pagare chi, in Sicilia, è rimasto senza stipendio e con un mutuo da un miliardo per pagare strane imprese, in buona parte non siciliane!
Per non parlare del tentativo di portare avanti una sanatoria edilizia da anni chiesta a gran voce da soggetti ‘impresentabili’.

Dov’è l’interesse della Sicilia e dei siciliani in tutte queste ‘operazioni’ tentate da Governo Crocetta? Semplicemente, l’interesse dei siciliani non c’è. Questo è un Governo schiavo di interessi che nulla hanno a che vedere con la Sicilia. Per questo l’attuale presidente farebbe bene a dimettersi e a ritirarsi dalla vita politica, alla luce del suo personale fallimento.

Redazione

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