La Rivoluzione avviata in Sicilia dal presidente della Regione, Rosario Crocetta , assume i colori dellAutonomia. Dopo oltre sessantanni di attesa prende forma lapplicazione dellarticolo 15 dello Statuto della nostra Isola (e non solo l’articolo 15, come vi abbiamo detto qui a proposito della riunione di giunta di ieri sera). I protagonisti di quello che si annuncia come un momento storico sono due: lAssemblea regionale siciliana – ovvero il Parlamento siciliano, chiamato a varare questa riforma – e i Comuni, che dovranno metterla in atto.
Leggiamo insieme larticolo 15 del nostro Statuto per provare ad analizzare il significato culturale e politico della riforma che lArs si accinge a varare.
1. Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione siciliana.
2. L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.
3. Nel quadro di tali principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali.
Via le vecchie Province e spazio ai liberi consorzi di Comuni. Larticolo 15 del nostro Statuto, voluto ovviamente dai Padri dellAutonomia, non ha visto la luce per caso. Non cera soltanto la valorizzazione dei Comuni: cera, in primo luogo, il desiderio di chiudere una pagina buia della storia della Sicilia e, in generale, della storia dItalia (in buona parte fino ad oggi negata).
Va ricordato che le Province siciliane – o, per meglio dire, il disegno delle Province siciliane, ovvero larticolazione territoriale risente di unimpostazione che, spesso, nulla ha a che vedere con le vocazioni dei territori.
Negli anni passati – specie tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80 del secolo passato, quando la politica regionale affrontava i temi culturali legati alle vocazioni dei territori della nostra Isola – si parlava, spesso, di nuove Province: proprio perché alcuni centri della Sicilia avrebbero trovato più conveniente disegnare una Provincia diversa da quella di appartenenza.
Tale esigenza – sacrosanta – era anche il frutto del fatto che le Province siciliane, o meglio, i confini delle Province siciliane sono state ridisegnate o disegnate allindomani della presunta unificazione italiana, più per esigenze militari che non sulla base di riflessioni sulle vocazioni dei territori.
Erano gli anni del brigantaggio, quando le truppe piemontesi di casa Savoia piombavano in Sicilia per combattere e uccidere i ribelli, cioè, in massima parte, quei giovani disgraziati che si rifiutavano di andare a servire per sei o sette anni nellesercito dei piemontesi.
Sulle nefandezze compite nel Sud dagli eserciti di casa Savoia e, quindi, anche in Sicilia il nostro giornale ha scritto più volte. E anche pensando a questi confini provinciali disegnati dagli eserciti piemontesi e assassini che i nostri Padri dellAutonomia, allindomani del secondo conflitto mondiale, pensarono bene di abolire le Province e di sostituirle con liberi consorzi di Comuni.
Una riflessione che non nasceva soltanto dal ricordo delle stragi perpetrate da casa Savoia nel Sud, ma anche dal ricordo di un altro periodo buio della storia italiana post unificazione (sempre presunta): il giolittismo. Infatti, se i libri di storia ufficiali del nostro Paese descrivono Giovanni Giolitti, come il capo del Governo italiano che facilitò il cosiddetto decollo industriale (con riferimento al solo Nord Italia), nel Sud dItalia – anche se questo i libri di storia delle scuole spesso lo nascondono – Giolitti è considerato Il ministro della malavita (non lo diciamo noi: è il titolo di un libro su Giolitti scritto da uno de più grandi meridionalisti del 900: Gaetano Salvemini: a destra, foto tratta da fondazionesalvemini.it).
Giolittì governava il Sud dItalia con metodi criminali, servendosi dei Prefetti che ne combinavano di tutti i colori: spesso – anzi, quasi sempre – alterando i risultati delle elezioni. Non si capisce il dominio delle varie mafie nel Sud del nostro Paese se non si ha chiaro qual è stato il ruolo dei Prefetti di Giolitti negli anni dei suoi Governi.
Labolizione delle Province, introdotta dai padri del nostro Statuto autonomistico, nasceva anche dalla voglia di chiudere definitivamente la triste pagina dei Prefetti di Giolitti. Sotto questo profilo, larticolo 15 del nostro Statuto va visto in uno con larticolo 31: articolo del nostro Statuto che delega al presidente della regione i potere di polizia, ovvero la tutela dellardine pubblico ancora oggi affidata ai Prefetti.
Non sfugge agli osservatori che, anche oggi, labolizione delle Province trascina con sé, inevitabilmente, se non labolizione dei Prefetti, quanto meno una rivisitazione del ruolo e dellincidenza territoriale degli stessi Prefetti.
Fino ad oggi – prendendo come esempio Palermo – il Prefetto è il responsabile dellordine pubblico di tutto il territorio della Provincia del capoluogo siciliano. Domani Cefalù e Capo dOrlando (centro che oggi fa capo alla Provincia di Messina), trattandosi di Comuni a vocazione turistica, potrebbero decidere liberamente di far parte dello stesso libero consorzio di Comuni. Di conseguenza, anche le competenze delle prefetture dovranno essere riviste.
Lapplicazione dellarticolo 15 dello Statuto cade in un momento difficilissimo per la vita dei Comuni siciliani. Un momento storico caratterizzato da una pesantissima crisi finanziaria. Loccasione, in ogni caso, per ricercare economie di scala – come ha opportunamente sottolineato il presidente Crocetta – nella gestione dei rifiuti e dellacqua.
Insomma, lavvio di una riforma epocale che ci riporta ai grandi principi ispiratori dellAutonomia siciliana non sarà semplice. Ma la strada, comunque andranno le cose, è ormai segnata.
La Rivoluzione di Crocetta: addio Province, benvenuto Statuto siciliano
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