Arrestato l’erede di Pablo Escobar Daniel ‘El Loco’ Barrera broker della droga

Chi non conosce Pablo Escobar. L’uomo che – parole sue – esportava fiori negli Stati Uniti d’America. Leggenda del crimine, fu tra i primi a rendere il traffico internazionale di droga un business di successo e minaccia alla sicurezza internazionale. Da piccolo si promise di diventare milionario entro i 22 anni. Fece di meglio: nel 1989 Forbes lo dichiarò tra i più facoltosi al mondo, dati i suoi 3 miliardi di dollari in banca. Morì ammazzato (parlano di suicidio, alcuni suoi parenti) nel 1993. Era l’inizio della fine dei signori della droga colombiani.

La fine pare essersi conclusa l’altro ieri, con l’arresto di Daniel ‘El Loco’ Barrera. Barrera era attivo da più di vent’anni, appartiene alla vecchia scuola di trafficanti. L’ultimo rimasto dei tempi di Escobar. Latitante in Venezuela, gestiva il 30% della rete di risorse dedicate al traffico di cocaina in Colombia, secondo il Ministero della Difesa di Bogotà.

In due decenni il mercato della droga è mutato radicalmente. La nascita dei cartelli messicani, l’aumento della domanda di cocaina in Europa e il pugno di ferro statunitense hanno reso gli affari sempre più rischiosi e colmi di competizione. E’ difficile capire come un dinosauro come Barrera sia riuscito a tenersi stretto potere e denaro. Dopotutto, si è formato ai tempi in cui bastava corrompere qualche funzionario qua e là e un aeroplano che ti portasse al confine. Gli aspiranti trafficanti di oggi devono sapere organizzare voli intercontinentali per l’Africa Occidentale, o gestire operazioni di counter-intelligence attraverso fitte reti di conoscenze nelle forze di polizia e nei servizi segreti.

Scavando si scopre che il dinosauro si è evoluto, e anche bene. ‘El Loco’ si è trasformato in qualcosa simile a quello che oggi conosciamo come broker. I broker sono la figura tipica del commercio internazionale. Sono intermediari, per ogni compratore cercano un venditore (o viceversa) e ricevono una fetta dei profitti derivanti dalle transazioni che aiutano a concludere.

Nel suo caso, i venditori erano le FARC, gruppo paramilitare comunista che ancora controlla vasti territori in Colombia. Fungono da vero e proprio governo parallelo, le cui entrate hanno origine anche nella produzione di foglie di coca (la fonte principale è la ‘tassa di sostentamento’  che l’organizzazione impone sulla popolazione locale). Dopo aver lavorato le foglie in laboratori chimici, il broker Barrera vendeva il prodotto finito a vari gruppi paramilitari e cartelli latino-americani. Tra questi spiccavano i Rastrojos, forse il più potente cartello della droga colombiano dei giorni nostri.

Il modus operandi di Barrera è l’ennesimo segnale della decentralizzazione dei traffici illegali, e offre una severa morale nei confronti dell’arresto. Non basta catturare un Pablo Escobar o un Al Capone per fermare un’organizzazione criminale. Non più. I despoti della droga sono estinti, al loro posto troviamo solo fitte reti e intermediari. Per contrastarli, bisogna prima capire la forma della rete, e poi colpire i nodi principali.

Ed è proprio per questo motivo che, purtroppo, non bisogna gridare vittoria neanche con l’arresto di un capo del cartello messicano dei Los Zetas, El Coss, forse il più ricercato criminale nelle Americhe. Una settimana fa è sembrato un colpo al cuore della mafia più violenta del globo. Oggi è solo notizia da copertina. Cinque giorni dopo la cattura, i Los Zetas hanno dimostrato la loro forza orchestrando una fuga di massa da una prigione nel Messico settentrionale. 124 prigionieri sono riusciti a scappare, e la maggior parte di essi pare si sia unita al gruppo.

C’è strada da fare. E molta di questa implica un cambiamento radicale delle operazioni anti-droga.

 

[Foto di garyowen]

Stefano Gurciullo

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