Arata, la difesa di Miccichè e Pierobon all’Antimafia L’assessore: «Qualcuno sapeva e doveva avvisarmi»

«Minchiate». Gianfranco Miccichè, davanti alla commissione regionale Antimafia, è categorico. E afferma di non avere mai sospettato che dietro Paolo Arata ci fosse Vito Nicastri. È il punto centrale dell’audizione del presidente dell’Ars chiamato, come l’assessore Alberto Pierobon poco dopo, a spiegare i rapporti con l’imprenditore e consulente della Lega. E su uno dei passaggi chiave – Miccichè, che sponsorizza Arata nei corridoi della Regione, sapeva chi fosse il suo socio?  – il coordinatore di Forza Italia contrattacca: «Non ho letto l’ordinanza ma è il contrario di quello che è avvenuto. Gli avvocati mi dicono che potrei querelare i giornalisti. Mi piacerebbe che quindi la commissione Antimafia sentisse anche chi ha riportato questa notizia». Il presidente della commissione Claudio Fava replica ricordando l’esistenza di un’intercettazione tra Arata e il figlio di Nicastri: «Io sono sponsorizzato, io sono stato portato da Gianfranco, da Dell’Utri (Alberto Dell’Utri, fratello di Marcello secondo gli inquirenti, ndr) che non è uno che con questi problemi non ci naviga. Quindi, non è che Gianfranco può dire no, infatti quando Turano ha chiamato Gianfranco gli ha detto: “portalo avanti comunque, gli ha dato dispos… ma ci sono… (intende dire le cointeressenze di Vito Nicastri, precisa la procura, ndr)… portalo avanti…” È vero o non è vero? Turano quando ha chiamato Gianfranco, Gianfranco è stato molto determinato». Oggi, di fronte alla replica di Miccichè, Fava precisa: «Può darsi che questa cosa sia stata millantata, i giornalisti hanno riportato quanto c’è scritto nell’intercettazione».

È una sala stampa strapiena, quella che questa mattina segue l’audizione di Micciché e quella del’assessore all’Energia Pierobon, chiamati a fornire la loro versione dei fatti sui rapporti con Paolo Arata, l’imprenditore accusato di essere socio di Nicastri (il re dell’eolico considerato finanziatore di Matteo Messina Denaro) e che avrebbe corrotto funzionari della Regione per ottenere l’approvazione dei progetti a lui cari. 

«Non conosco e non ho mai conosciuto Vito Nicastri – spiega il presidente dell’Ars – né seguo tanto le cronache giudiziarie, mentre la conoscenza con Paolo Arata avviene tramite un collega deputato della Camera tra il ’93 e il ’96. Poi mi viene chiesto da Alberto Dell’Utri (il fratello di Marcello ndr) se poteva dare il mio numero ad Arata. Io ho acconsentito, mi ha chiamato, ci siamo sentiti. Ma io lo incontro per la prima volta il 13 febbraio 2018 all’una e mezza». A proposito del fratello di Marcello Dell’Utri, Micciché aggiunge: «Mi chiese di organizzare un appuntamento con Pierobon. Mi disse che lo aveva già incontrato in assessorato, era di casa in assessorato. Le nostre segreterie si sono sentite per organizzare l’incontro. Abbiamo parlato di Siri, che non conosco, l’ho sentito una volta al telefono, anni fa, in occasione di elezioni. Mentre in quell’occasione Arata mi parlò di cose generali, della nostra vecchia esperienza e poi del suo progetto e del fatto che voleva parlarne all’assessore. Ma io non capisco molto di queste cose».

Finita l’audizione Miccichè si ferma con i giornalisti a cui affida una sua considerazione generale. «Oggi la politica, rispetto al passato, appare molto meno permeabile, oserei dire impermeabile». Parole rispetto alle quali la replica di Fava è pressoché immediata: «Un certo grado di flessibilità – risponde – mi pare che ci sia stata, siamo davanti a un imprenditore che è stato accompagnato per mano in una pratica autorizzativa».

Una pausa di qualche minuto appena, ed ecco che è la volta dell’audizione di Alberto Pierobon. Che sostanzialmente conferma quanto dichiarato nella conferenza stampa fiume di pochi giorni fa. Tranne in un punto, affatto marginale: stavolta infatti l’assessore sostiene di non avere mai parlato col presidente Musumeci di Arata. Una versione diversa rispetto a quanto sostenuto di fronte ai giornalisti appena quattro giorni fa. «A Musumeci – afferma oggi – ho parlato in generale del fatto che mi sembrava vergognoso che i privati scappano dalla Sicilia. Il figlio di Arata mi ha raccontato del loro socio che era andato via e così dicevo ai miei colleghi della giunta: “Vi rendete conto che qui c’è gente con i soldi che va via?”. Ma non ne ho mai parlato nello specifico con Musumeci».

«Escludo – continua Pierobon – di avere incontrato Arata con Cocina e Micciché e non ricordo se, quando Micciché è venuto a trovarmi, abbiamo incontrato nei corridoi Cocina e Arata. Prima c’era l’assalto e per questo ho chiesto di mettere delle barriere. Ora ci sono dei controlli rigidi agli accessi. Prima accadeva che mi prendessero degli appuntamenti e io non sapevo di cosa si trattava. Adesso non accade più».

Parlando di Francesco Paolo Arata, Pierobon racconta che «si lamentava della malaburocrazia, paventava ricorsi e allora ho chiamato il dirigente Salvatore Cocina e gli ho detto: “Guarda che c’è questo che aspetta da un anno vedi di dargli la risposta”. Lui mi ha detto “Domani firmo”e io l’ho riferito, ma non sapevo quale fosse il risultato». Poi lancia una stilettata proprio a Cocina, al dirigente Tuccio D’Urso e all’assessore Mimmo Turano. «Poco fa ho chiesto a Turano: “Se sapevi potevi dirmelo“. Ma avrebbero potuto riferirmi le loro paure anche D’Urso e Cocina che adesso dicono che avevano immaginato possibili contatti con Nicastri. Avrebbero dovuto avvisarmi». Anche per Miccichè, «Turano sapeva chi era Arata o deve esserlo venuto a saperlo. Io non sapevo».

L’assessore Pierobon ribadisce quindi di non aver fatto alcun favoritismo, nessun via libera. «Avrò sollecitato almeno cinquecento pratiche e ci sono anche le lettere. Giovedì sera io stesso ho sollecitato cinque cose da fare urgentemente, ma non entro nel campo tecnico». Un passaggio infine sulla chiamata di Pierobon al collega di giunta Toto Cordaro per sollecitare il provvedimento favorevole ad Arata che spettava all’assessorato al Territorio. «L’ho fatto perché l’assessorato ha un dovere di serietà e di rispetto dei tempi».

Miriam Di Peri

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