Il rendiconto 2015 è stato approvato. Con quasi quattro mesi di ritardo rispetto alla scadenza imposta dalla legge e dopo le proteste dei dipendenti comunali senza stipendio per via del mancato arrivo dei trasferimenti da parte dello Stato. Di fatto, però, il documento contabile ormai è stato esitato. Ed è immediatamente esecutivo, come richiesto dall’assessore al Bilancio Giuseppe Girlando. I numeri fotografano la situazione delle casse di Palazzo degli elefanti e continuano a raccontare di un’amministrazione che non riesce a riscuotere i tributi e i pagamenti delle multe (che, per inciso, nell’anno trascorso sono notevolmente diminuite) o a ripianare il disavanzo dei propri conti. Ma non solo: il voto del Consiglio comunale mostra anche i malumori, e gli umori, di maggioranza e opposizione.
Alle 23 passate, dopo quattro ore di dibattito infuocato, nella sala consiliare ci sono 31 presenti: in 24 prendono parte alle votazioni della delibera presentata dall’assessore Girlando. I «sì» sono 21, gli astenuti sono sette, i contrari tre. Ed è in questi numeri, oltre che negli interventi dei consiglieri, che si trova lo stato di salute dell’aula. Catania futura, il partito che fa capo a Nicola D’Agostino e Nico Torrisi, sceglie l’astensione in blocco: non si esprimono Agatino Lanzafame, Carmelo Coppolino e Salvo Spadaro. Optano per il «no», invece, Giuseppe Castiglione, Sebastiano Anastasi e Andrea Barresi di Grande Catania. Che, dopo essere stati accusati di aver appoggiato la giunta in più di un’occasione, ora scalpitano dalla parte dell’opposizione. Unico componente del partito ad aver dato il suo benestare alla delibera è Enzo Parisi, che ne fa un atto di responsabilità da parte del presidente della commissione Bilancio.
Anche gli equilibri del Partito democratico non riservano sorprese: l’amministrazione incassa l’approvazione degli irriducibili Giovanni D’Avola e Lanfranco Zappalà, ma la consigliera Ersilia Saverino si astiene, e Niccolò Notarbartolo – protagonista di un accalorato intervento in aula, comprensivo di rimprovero a Giuseppe Girlando, tacciato di «maleducazione istituzionale» – e Nino Vullo risultano assenti al voto. Sebbene 31 consiglieri l’aula di Palazzo degli elefanti li abbia visti, tutti insieme, in rare occasioni. Ad astenersi dalla votazione, pur rimanendo seduto sugli scranni del senato cittadino, è il vicepresidente del Consiglio comunale e componente del Gruppo misto Sebastiano Arcidiacono. Lui, del resto, segue da mesi gli sviluppi delle riunioni della Corte dei Conti di Palermo, più volte citata, sull’affaire che riguarda le casse del municipio etneo.
Grande protagonista della seduta consiliare è, infine, il consigliere di Fratelli d’Italia Manlio Messina. A cui, uno dopo l’altro, tutti i colleghi provano a replicare. «È il momento in cui si stabilisce se si è maggioranza od opposizione – arringa Messina prima del voto – Ma è anche il momento di capire se si è intelligenti o stupidi», attacca. Prima di correggersi: «Politicamente parlando, s’intende». «Non ho paura di essere smentito quando dico che i dati contenuti in questo bilancio consuntivo sono falsi – interviene il consigliere – La Corte dei conti sta per dichiarare il dissesto del Comune di Catania e questa giunta se lo merita. Però ricordo ai miei colleghi consiglieri che la responsabilità diventa nostra. L’autorità giudiziaria viene a pignorarci le case». La minaccia, però, non basta.
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