La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime, perché difformi dalla normativa nazionale fissata nel Codice degli appalti, alcune norme contenute nella legge della Regione Sicilia 12/2011 – aggiornata nel luglio del 2015 – in materia di appalti.
Le novità introdotte dall’Assemblea regionale siciliana miravano a limitare le aggiudicazioni con ribasso d’asta, introducendo un meccanismo di media aritmetica delle offerte con l’esclusione di quelle che superano questa media di oltre il 10 per cento. Così facendo si sarebbe voluto anche prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose negli appalti. La norma è stata impugnata dalla presidenza del Consiglio, sulla base del fatto che «la materia della tutela della concorrenza è esclusivamente di competenza legislativa dello Stato». Adesso la Corte Costituzionale ha dato ragione a Roma.
Mentre il codice nazionale, si legge nella sentenza redatta dal giudice Giancarlo Coraggio, «fissa direttamente un articolato procedimento in contraddittorio con le imprese che hanno presentato offerte anormalmente basse, indica i criteri di verifica di tali offerte e gli strumenti di rilevazione della congruità dei prezzi, affidandone la conseguente ponderazione alle stazioni appaltanti, la disposizione regionale impugnata demanda a un decreto assessoriale l’individuazione di non meglio specificate modalità di verifica per la congruità dell’offerta». La sentenza specifica inoltre che la decisione della Corte non determina alcun vuoto normativo, dal momento che valgono le disposizioni del Codice appalti nazionale.
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