Antonio Stelitano, il calciatore siciliano giramondo Sui campi tra Repubblica Dominicana e Mongolia

Una carriera passata a girare il mondo. Stiamo parlando di Antonio Stelitano, terzino destro classe ’87 messinese, che ha un curriculum pieno zeppo di esperienze lontane dall’Italia. Un amore, quello col pallone, partito da lontano. «La mia passione per il calcio – spiega a MeridioNews – è nata fin da quando ero piccolissimo. I miei cugini stavano accanto casa mia e avevano questa grande passione, quindi passavamo i pomeriggi in compagnia del pallone. E mia madre fu quasi costretta a iscrivermi alla scuola calcio, perché a casa calciavo tutto ciò che vedevo». Trentadue anni a breve, nuova esperienza all’estero quest’anno (nel Silema Wanderers a Malta), ma nessuna voglia di smettere: «Sto ancora bene, forse meglio di prima. Faccio una vita da atleta e non ho vizi: non fumo e non bevo alcol, mangio correttamente e vado in palestra prima degli allenamenti. Sono un professionista serio e spero di giocare ancora per diversi anni. In più ho un grande spirito di adattamento e questo mi ha aiutato ovunque io andassi».

Stelitano ha fatto tanta gavetta tra Eccellenza, serie D e C2. Poi è andato in Argentina, nel Real Arroyo Seco, e quindi è tornato in Europa, in Romania (al Turnu-Severin). Da lì il passaggio al Parma dove però è sempre stato mandato via in prestito. E spicca quello al Don Bosco Moca, squadra della Repubblica Dominicana, con cui vinse lo scudetto. «La svolta potrebbe essere stato il passaggio al Parma, ma direi di essermi consacrato in quell’esperienza in Repubblica Dominicana, dove ho vinto il campionato. È stata un’esperienza bellissima. Si tratta di un Paese molto passionale in cui lo sport nazionale è il baseball. Moca – racconta – è una città che vive di football, avevano già vinto due campionati e con me hanno conquistato il terzo di fila. Lì attirai l’attenzione di media e procuratori. Tutti erano affascinati dal fatto che un italiano fosse andato in America Centrale». Guai a pensare che però vincere il campionato dominicano sia semplice, come lui stesso spiega: «Il campionato non è per niente facile. Sono quasi tutti giocatori forti fisicamente, veloci e tecnici. Forse sono stato il primo europeo lì. Quando arrivai in aeroporto vennero tantissimi tifosi e anche le tv locali. Per strada mi chiedevano foto e autografi, da lì creai questo personaggio di giramondo, fu un trasferimento che fece parlare tanto».

Proprio l’esperienza in Emilia aveva fatto approdare il calciatore in serie A, dove però il messinese non è mai riuscito a esordire: «A Collecchio eravamo tanti e il Parma aveva molti giocatori in esubero. Ho avuto modo di allenarmi con tanti ottimi calciatori, Donadoni lavorava con i venti che voleva per le partite di serie A e gli altri facevamo palestra. Ho comunque avuto l’onore di stare in campo con i vari Paletta, Biabiany, Acquah, Amauri e ovviamente Cassano». Dopo aver rescisso con il Parma è andato in Spagna, al Buelna, e poi in Romania (dove il ragazzo ha vestito le maglie di Balotesti, Caransebes e Soimii Pancota). Poi nuovamente la Spagna, al Melistar, per poi andare in Lituania (Nevezis) e successivamente in Mongolia, all’Anduud City. Adesso Malta, al Silema Wanderers. Tornare in Italia o chiudere la carriera non rappresenta per Stelitano un’idea fissa: «Ci ho pensato, quando arriva un’offerta la valuto assieme al procuratore. L’idea di smettere non mi sfiora minimamente. Ci sono state quest’estate diverse trattative in serie C e in D, in passato anche in B. Quest’anno ho deciso di accettare l’offerta più seria e concreta, quella dei Wanderers, la squadra più importante di Malta. Ho un allenatore molto bravo, Alfonso Greco, che ha giocato anche a Catania».

Il legame con la Sicilia resta forte. «La propria terra a un siciliano manca sempre, ma il sacrificio di stare lontano non mi pesa perché porto avanti la mia passione. E poi adesso sono veramente vicino, giocando a Malta. Che assomiglia tanto alla Sicilia. Stare lontano da affetti e famiglia è ciò che pesa di più. Si perde la quotidianità nei rapporti d’amicizia e a livello sentimentale è difficile riuscire ad avere una storia a distanza o trovare una persona che possa seguirti».

Tornando alle esperienze all’estero e le culture lontane dalla nostra, sono tante le tradizioni con cui il calciatore ha avuto a che fare: «In Repubblica Dominicana si pregava tantissimo, prima e dopo allenamenti e partite. Io sono molto religioso. In Argentina, invece, è nata la mia passione per il mate, un’erba sudamericana che si beve e ha tantissimi effetti benefici per gli atleti. In Mongolia la cosa più difficile è stata quella che ovunque è la più semplice: bere un bicchiere d’acqua. Per le temperature rigide, loro servivano a tavola zuppe e cose del genere. Io invece sono abituato ad avere l’acqua a tavola, e loro non se ne capacitavano». Meno differenze invece durante le esperienze in Europa: «Lituania e Romania hanno una cultura più simile alla nostra. A parte le differenze in cucina, da calciatore lo stile di vita è simile ovunque. Certo, in questi due Paesi si usano molto le terme per il recupero».

E anche a proposito di episodi curiosi sul rettangolo di gioco, Stelitano è ricco di aneddoti: «In Repubblica Dominicana a inizio allenamento c’era chi metteva la musica e tutti ballavano. In Mongolia, invece, situazione opposta: avevamo un allenatore serbo che era un vulcano. Ed era curioso vedere le facce serissime dei giocatori mongoli: l’esasperazione contro la calma più totale». Le tradizioni riguardano anche il debutto negli spogliatoi. «C’è chi all’esordio ti taglia i capelli o quello in cui devi portare la torta. E adesso qui a Malta mi toccherà riportarla per il compleanno (il 22 ottobre, ndr)».

Insomma, Stelitano ammette che sarebbe pronto a ripetere tutte le esperienze fin qui vissute: «La mia carriera mi ha arricchito tanto a livello spirituale, caratteriale e fortunatamente anche a livello economico ho guadagnato abbastanza bene». Ed è pronto a consigliare la sua carriera anche a giovani calciatori, ma con diverse avvertenze: «Consiglio il mio tipo di carriera da un punto di vista professionale, per il curriculum, l’esperienza e perché si gioca in campi molto belli. In Italia tante squadre falliscono, se guardiamo in Sicilia penso al Palermo in D, al Catania che è tuttora in C e al mio amato Messina in D. Sicuramente stare lontani è difficile, il primo ostacolo è sempre la lingua e quando non c’è comunicazione è dura. Poi per tanti mesi magari non si torna a casa. Ci vogliono forza di volontà, determinazione. Io ancora oggi – conclude – mi alleno come se fosse il primo o l’ultimo allenamento della mia vita».

Luca Di Noto

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