«Il rischio è quello di finire per strada». La stessa dove, da cinque anni ormai, Sabrina Ciulla e i suoi volontari si prendono cura dei senzatetto e delle persone bisognose della città. La fondatrice della onlus Anirbas, infatti, si trova adesso con le spalle al muro. La storica sede di via Raffaele La Valle è in attesa delle autorizzazioni necessarie per cambiare volto e diventare un’autofficina, trasformazione che costringe adesso la donna a cercare una nuova sede per le sue attività di volontariato. Quel posto, infatti, varcando il cancello chiaro al civico 4, in fondo alle scale, non può essere contemporaneamente entrambe le cose. Perché da quel luogo non si organizzano solamente le ronde per i senzatetto. Lì si raccolgono di volta in volta i pasti da distribuire, oltre al cibo da consegnare quotidianamente alle famiglie in difficoltà.
Impossibile far coesistere questo aspetto, relegandolo in una parte della sede, svolgendo dall’altra le attività di revisione sulle automobili. Da qui la necessità di spostarsi e trovare una nuova sede, chiedendo una mano a tutti quelli che in questi anni hanno avuto modo di apprezzare e sostenere il lavoro svolto da Sabrina e dalla sua onlus. Col Comune in testa, che su Anirbas fa abitualmente affidamento mandando dai volontari moltissime persone bisognose che si rivolgono, in prima battuta, all’amministrazione. «In sostanza sono di fronte a una scelta paradossale – spiega -: o decido di non aprire l’officina e restare disoccupata, tenendo in piedi la onlus e continuando a pagare 1500 euro di affitto. Oppure inizio a lavorare ma dico addio all’associazione, che non avrebbe più una sede».
Un aut aut che chiaramente per Sabrina Ciulla è fuori discussione. Impensabile, infatti, l’ipotesi di chiudere i battenti e dare l’addio ad Anirbas, attività messa in piedi con le sue sole forze e affrontando non pochi sacrifici, che vanta ormai l’appoggio e la stima di centinaia di volontari che ci mettono a loro volta la faccia, e di altre realtà cittadine, soprattutto private, che in più occasioni hanno dato il loro personale appoggio alle iniziative della onlus. Ultima, in ordine di tempo, quella dell’arrustuta del 25 aprile per circa duecento senzatetto della città, organizzata alla stazione centrale e giunta alla quinta edizione. «Basterebbe anche una stanza dove poter conservare tutto il cibo che diamo alle persone, non c’è un buco in cui potremmo adattarci?». Anirbas non è solo un’associazione no profit che fa volontariato, per chi l’ha fondata cinque anni fa partendo dall’invertire semplicemente le lettere del proprio nome è soprattutto una scelta di vita.
«Ho guadagnato negli anni, ho sempre potuto campare, ma avere dei soldi in tasca non mi ha reso comunque appagata, non mi ha reso felice. Occuparmi di chi ha bisogno, invece, sì», ha sempre detto Sabrina. D’altra parte, però, non si campa d’aria, come si dice in gergo. E il volontariato con Anirbas, per quanto pezzo fondamentale della sua vita, non può prescindere anche dall’avere un lavoro. Quello che da mesi, ormai, rimane in stand by per via del mancato cambio di sede. «Non possono rilasciarmi le autorizzazioni, ovviamente, se mantengo qui l’associazione», spiega infatti. Quello che si domanda lei, adesso, è se sia necessario dover rinunciare per forza all’una o all’altra cosa. Possibile che non si ci si possa dedicare ai più fragili potendo allo stesso tempo lavorare? Affrontando in autonomia, anche, tutte quelle spese che un’attività del genere comporta, ma di cui molto spesso non si parla. «Siamo una macchina che muove solidarietà, qualcuno ci aiuti».
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