– ¿Y cuando te vas a España?
– El dia 28 de septiembre- fu la mia risposta.
– Pues… y ya lo tienes a la vuelta de la esquina, mujer! –
Me l’aveva detto, Juan Miguel (un tio di Leon mai visto in vita mia, col quale avevo chattato giusto un paio di volte, tutta contenta perche’ “Ebbene si, signore e signori, me ne vado in Spagna!”), che ce l’avevo dietro l’angolo, ‘sto viaggio che quando compili la domanda mica lo sai a cosa vai incontro. A la vuelta de la esquina ce l’avevo, si, ma vai a sapere quanto in fretta passa il tempo quando il futuro prossimo riserva cose del genere. E ora la che la esquina l’ho voltata…boom! Ecco, “boom” e’ la parola piu’ appropriata che mi venga in mente. E’ svegliarsi una mattina alle tre, caricare i bagagli in macchina e arrivare in aereoporto per sentirsi dire “Imbarco immediato”. Immediato, eh? E vabbuo’…se lo dite voi…
La prima ed unica foto che sono riuscita a scattare finora: l’aereoporto di Barcelona che mi guarda dall’alto delle sue indicazioni rigorosamente in catalano (solo poi dopo l’inglese, lo spagnolo). Due aerei, un autobus e vari taxi (si, ok, solo due) mano nella mano con una valigia che peserà ad occhio e croce quanto tutta la mia famiglia messa insieme (e, hombre, siamo numerosi!). Un tassista simpatico col quale (sorpresa: il mio spagnolo sembra carburare a dovere) intavolo una discussione sui corsi di studio che offrono piu’ speranza di sopravvivenza nel mondo del lavoro (“In Italia quante lingue bisogna conoscere per poter ottenere un posto decente?” mi fa – e io “Beh…l’italiano e’ sufficiente. A conoscerlo!…”), un altro un po’ scontroso che si limita ad accompagnarmi alla mia meta: una pensioncina che…si, dai, puo’ andare.
Tv, telefono per ricevere le chiamate di genitori preoccupati quanto basta, un bagno con tanto di specchio e, la cosa più importante, un letto sul quale mi butto al volo. Mi rialzo per una doccia veloce e poi via, sotto le “coperte”. Dai che alla fine fine non fa ‘sto gran freddo. Sarà perche la finestrella della mia camera dà su un muro che mi rende alquanto difficile riuscire a distinguere con certezza il giorno dalla notte, però mi aspettavo di molto peggio. La Zaragoza che avevo visto sulla cartina, quella a un tiro di schioppo dai Pirenei, quella sull’Ebro, quella davvero lontana dal mare… a giudicare dalla temperatura in pensione, doveva essere un’altra. Dormo, vogliate concedermelo, dalle otto di sera alle otto e mezza della mattina dopo.
Sveglia – la primera en españa-, vestizione e partenza. Faccio appena in tempo ad uscire dalla porta dell’hostal che il famigerato vento freddo dal quale ero stata messa in guardia mi si presenta in tutto il suo splendore. Menomale che non ho esagerato con la “smanicatura”, và. Se continuo con questa lungimiranza andro’ lontano, amici miei.
Il campus universitario è a qualche centinaio di metri. “Fresco” benvenuto dei getti d’acqua che innaffiano il curatissimo prato che costeggia i vialetti di una delle entrate secondarie che scelgo.
Alla ricerca di bacheche donde encontrar anuncios. Carta e penna alla mano. Ma mi rendo presto conto che con la mia povera SIM italiana riuscirò a fare ben poco. Poi un’illuminazione: durante un precedente lampo di genio, quando ancora mi trovavo nella mia assolata patria, mi ero iscritta al programma di “tutorato” che l’AEGEE Zaragoza offre agli studenti Erasmus.
Mi era stata assegnata Angela, una studentessa di qui che mi avrebbe dato una mano ad ambientarmi e a fare le mie ricerche di rito. Grazie a un secondo lampo di genio (cioè, và… non so se mi spiego) mi ero appuntata il suo numero di cellulare. Perciò, tentar non nuoce… le mando un sms. Angela, i cosi giusti a carusa, risponde prontamente che purtroppo di mattina ha lezione, ma che e’ disponibile nel pomeriggio per una vuelta de busqueda.
E così fu: ci incontriamo alla pensione e via a veder già i primi appartamenti e acomprare la scheda spagnola. Angela è stata in Erasmus a Trieste, mi racconta. Mi piace: è sveglia, dinamica, riesce a trovare i pro e i contro di ogni posto che visitiamo. E dei padroni di casa, chiaro. “¡Vaya pesada que era esa vieja!”, commenta dopo lo sproloquio della prima dueña con la quale abbiamo a che fare.
Alla fine del pomeriggio purtroppo niente di fatto. Però è il compleanno di una sua amica e…”Perche’ non ti unisci a noi?”. Faccio i dovuti complimenti relativi a: disturbo, sconosciuti, regalo. Ma Angela non demorde. Così alla fine accetto. E la serata risulta molto divertente. Imparo un paio di parole nuove (quelle poche che riesco a carpire), ma soprattutto apprendo con sgomento (abilmente mascherato da sorrisini e cenni del capo – faccio finta di capire tutto, va’) che la velocità dello spagnolo informale non scende mai sotto le dieci parole al secondo. Riuscirò mai ad adeguarmi? Viremu…
Oggi è il primo ottobre duemilacinque. Alias il mio terzo giorno (ho escluso quello di viaggio: allora era come se non ci fossi) di ricerca e…nulla. Alcuni appartamenti (pochi, devo essere sincera) lasciano a desiderare, in altri “non possiamo prenderti, ci dispiace, ma visto che rimani solo mezzo anno per noi è un problema”. Angela dice di non scoraggiarmi, che “Si todavia no has encontrado, encontraras”. Io sono un po’ preoccupata, inutile nasconderlo.
Approfitto del pc dell’universita’ per cercare altri annunci, ne ho appena messo uno io – dopo essermi accorta che quello che avevo messo ieri l’avevano eliminato facendo pulizia sulle bacheche. Plaza San Francisco, Actur, Delicias…nomi che si ripetono e ogni ora di più mi lasciano senza un tetto sulla testa.
Vi parlerò della città, si, prima o poi ci proverò. Y de la gente. Prima o poi…molto presto. Molto presto, si, molto presto.
Hasta luego, my friends.
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