Anello ferroviario, recuperare le tre stazioni di Italia ’90 Progetto di Unipa. «O ci pensiamo ora o le teniamo così»

«Bisogna interessarsi presto alle altre tre stazioni, l’anello ferroviario non può finire con le tre nuove fermate. O ci pensiamo prima o ci teniamo quello che abbiamo. I soldi e le competenze ci sono, spendiamoli beni». Il professore Renzo Lecardane, docente di Architettura all’Università di Palermo, si occupa di una delle opere pubbliche più attese – e temute – del capoluogo siciliano dal 2013. Conosce a memoria il sistema della mobilità attuale e i progetti futuri. Sa che l’attenzione della città è concentrata sui cantieri aperti: anello e passante ferroviario, mentre il progetto del tram in centro fa passi in avanti. E allo stesso tempo riconosce le potenzialità delle opere già esistenti. «Intervenire adesso nell’ambito del progetto in corso dell’anello ferroviario – dice – consente di affrontare con chiarezza e in maniera non ambigua il tema della costruzione di un’opera infrastrutturale che dovrebbe essere il fiore all’occhiello della nostra città».

Il tentativo di incidere nel dibattito pubblico e, perchè no, sulle scelte pubbliche delle opere ancora in corso si attua da oltre cinque anni grazie al LabCity Architecture Research Group, un’unità di ricerca orientata allo studio del rapporto tra ricerca e innovazione in architettura, fondato e coordinato nel 2013 proprio dal professor Lecardane, presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo. Il gruppo, composto da docenti e studenti, si occupa – come si legge nella descrizione – della «città di Palermo come luogo privilegiato dell’immaginario dei progetti futuri e delle multiformi relazioni, identità, conoscenze, consumi, conflitti e integrazioni, nonché di economie e forme di produzione di beni materiali e immateriali che la caratterizzano. A partire da questa premessa, la ricerca ha avviato una prima fase di conoscenza critica del contesto urbano di Palermo, caratterizzato da crescenti livelli di complessità, imprevedibilità e incertezza, attraverso l’interpretazione del disegno generale, la comparazione di alternative per dedurre priorità, la revisione di iniziative intraprese in un processo iter-attivo di miglioramento di attesa degli obiettivi da raggiungere».

Tra i luoghi privilegiati dallo studio non poteva mancare l’anello ferroviario. «In questo ambito – si apprende ancora dalla descrizione della ricerca- il sistema del trasporto pubblico, affidato alla mobilità veloce dell’anello ferroviario e quello della mobilità lenta ciclopedonale insieme alla crescente attenzione alla tutela ambientale, contribuisce a rilanciare il tema della mobilità non solo come opportunità per estendere lo spazio pubblico della città, ma anche come occasione per integrarlo al sistema del trasporto multimodale. Bisogna ricordare che al tracciato dell’anello ferroviario si attestano inoltre altre importanti infrastrutture per la mobilità di massa: il passante ferroviario (Nodo di Palermo), le nuove tratte del tram (A, B e F) e i progetti della futura Metropolitana Leggera Automatica (MAL) che evidenziano la necessità di ripensare il sistema della mobilità urbana con l’ambiente abitato».

Sull’anello si sono concentrati i progetti elaborati dagli studenti del Laboratorio del quinto anno di progettazione architettonica e dei tesisti del Laboratorio di Laurea LabCity. Che hanno presentato nel corso del tempo una serie di idee per rendere la città più a misura delle persone. Attraverso conferenze e pubblicazioni che hanno cercato di incidere sulle realizzazioni scelte da Rfi, Comune e Tecnis. Proposte che in realtà, finora, sembrano piuttosto inascoltate. Ma il professore Lecardane non demorde. «Non sono esenti da queste riflessioni i progetti in fase di realizzazione delle stazioni e delle fermate Politeama, Porto e Libertà – afferma il docente – che non trovano alcuna relazione allo spazio urbano e architettonico dei luoghi in cui si innestano. Un’altra riflessione è posta sulle fermate esistenti Giachery, Imperatore Federico e Fiera dell’anello ferroviario, costruite rapidamente in occasione dei Mondiali Italia 1990 che, nonostante siano in funzione da 28 anni, versano attualmente in uno stato di degrado e di abbandono. Per queste fermate è evidente la necessità di intervenire con operazioni di riciclo e ibridazione attraverso l’attenzione all’ambiente costruito e l’innesto di nuovi spazi per attività pubbliche e private a servizio dei quartieri limitrofi». 

Un confronto, quello tra la comunità scientifica e le istituzioni, che in ogni caso continua ad andare avanti. «Occuparsi di questi luoghi notevoli mira a fare dell’esperienza universitaria una forza trainante del sistema culturale, economico e sociale presente nel territorio e con la quale confrontarsi – spiega il docente -. L’università è viva e lavora tenacemente per formare cittadini del futuro, spetta alla comunità comprendere il valore delle risorse che si offrono e la necessità di rivelare una sana sinergia fra gli attori della trasformazione della città. In questo quadro, la conoscenza delle forti potenzialità dei luoghi si indirizzano ad aumentare la consapevolezza del ruolo dei cittadini sull’operato delle istituzioni e a incentivare la richiesta di progetti di qualità in linea con le altre città europee».

Andrea Turco

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