Andrea, atleta paralimpico da Acitrezza all’Etna «Non conosci il limite fin quando non è superato»

Andrea Devicenzi a 17 anni ha perso una gamba, oggi scalerà l’Etna con quella che gli è rimasta. Alle 19.30 di ieri aveva appena finito di perlustrare il percorso, mentre qualche ora prima, alle 4.30, si era svegliato per un sopralluogo all’alba. Lei non si stanca facilmente. «No, certe cose devi metterle in conto», spiega a MeridioNews. «Sono stanco ma pronto per domani: occorre far fronte a vari fattori, non è solo pedalare. Quando finirà tutto, prenderò fiato». Meglio correggere il tiro: lei non si stanca mentalmente. «Nemmeno – afferma -. La forza mentale è uno degli aspetti trainanti; dopo aver costruito il progetto sportivo e l’obiettivo dal punto di vista fisico, mi concentro sulla gestione mentale». 

Gioco, vinco e perdo, con i miei limiti. Se va male sarà un’esperienza in più

Ma andiamo indietro. Da ragazzo, Andrea piomba in un frontale tra la sua moto e una macchina; si salva, ma perde definitivamente l’arto sinistro. L’incidente incombe sulla sua vita, fatta di canottaggio e sogni sul proprio futuro, ma è proprio attraverso la sua personale miniera di risorse interiori che l’atleta riesce a ripartire. «La vita non è avere le gambe, ma capire cosa vogliamo fare della nostra vita; cosa abbiamo nella testa». E nel cuore. Ci sono eventi irreversibili, e un futuro da progettare. «Fare la stessa vita di prima con quello che ti è rimasto, sopperire a quello che hai perso: forse, così, si può avere un’esistenza addirittura più ricca di quella precedente. In effetti, queste vicende sono veri e propri spartiacque». 

Come a Dave Gahan, il cantante dei Depeche mode, anche a Devicenzi si è fermato il cuore. Per 50 secondi. Una brusca tempra, e il cuore di Andrea si forgia per correre a 180 battiti: «Lo sport è parte di me – afferma con forza – mi ha tenuto in forma fino ai 17 anni, dopo mi ha tenuto in vita». Sport come antidoto, sport come materia prima contro le malattie. «Se si va sempre a 60 battiti, si è predisposti a star male, facendo sport cambia la chimica del nostro corpo». Adesso Andrea Devicenzi è un atleta paralimpico con alle spalle vari traguardi: record in India con una scalata da 5602 metri, partecipazione alla Parigi-Brest-Parigi, anche qui con un primato di 72 ore e 42 minuti, medaglia d’argento ai campionati europei di Paratriathlon in Turchia.

Quella di oggi è un’altra sfida, racconta il presidente del Modica triathlon bike, Andrea Giannì. «Il 42enne cremonese partirà dai Faraglioni di Acitrezza con la sua mountain bike, la sua seconda pelle, e salirà fino a quota tremila metri; a quel punto farà un tratto con una guida alpina, arrivando a ben 3400 metri, fino al bordo del vulcano». Il particolare è che Andrea Devicenzi, da anni, ha scelto di non utilizzare alcuna protesi, dunque affronterà l’impresa su una gamba sola. «Io e alcuni ragazzi del mio team saremo con lui – continua Giannì – c’è collaborazione ed amicizia: in un modo o nell’altro ci riusciremo, se ci si aspetta il peggio si ottiene il meglio». 

Il progetto è nato in seguito a una visita di Devicenzi all’università di Catania, tre mesi fa; subito dopo, l’atleta coinvolge Giannì e inizia la preparazione. «Ho già la testa sul cratere, ecco quale è la sensazione che ho a poche ore dall’inizio (previsto per le 7 di oggi, ndr); avrò un microfono che mi servirà a registrare dal vivo le mie impressioni». Emozionante a tal punto, questo «viaggio» sul vulcano e dentro di sé, che Andrea Devincenzi lo riverserà in un libro, dove si parlerà, magari, anche della sua attività di mental coach. «Aiuto le persone a raggiungere i loro obiettivi, sia nello sport che in altri campi come la famiglia; alcuni, specialmente i giovani, non colgono chiaramente i propri scopi: io li aiuto a costruirsi una vita straordinaria». 

Dal mare alle stelle, con sacrificio e sicurezza di sé, anche se «il limite non lo conosci fino a quando non lo hai superato: gioco, vinco e perdo, con i miei limiti. Se va male sarà un’esperienza in più». Oggi, Andrea, si vuole divertire.

Gino Pira

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