Anche la mafia palermitana fa le analisi costi-benefici «Cosa nostra vuole le regole per infiltrarsi nella società»

«Cosa nostra è tradizione e rinnovamento insieme. Le nuove leve ci tengono a fare collegamenti col passato, mentre le personalità antiche, che hanno superato anni e anni di carcere e non hanno mai avuto cedimento, meritano rispetto e possono essere ancora i nuovi capi». In pochi conoscono le dinamiche della mafia palermitana meglio di Francesco Lo Voi. Il procuratore presso il tribunale di Palermo ha presentato questo pomeriggio alla commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, una relazione che sintetizza anni di ordinanze e inchieste che hanno fiaccato Cosa nostra, senza sconfiggerla del tutto.  

Nell’audizione, in parte pubblica e in parte secretata, Lo Voi parte proprio dai capi. Non senza una nota polemica. «Le intercettazioni e le indagini ci dicono che Cosa nostra vuole le regole e detesta la confusione – afferma il procuratore di Palermo – Nel ritorno della Commissione provinciale viene indicato, come soggetto a cui affidare la rappresentanza, un personaggio non nuove alle cronache giudiziarie, tale Settimo Mineo. Sono andato a prendermi la scheda su di lui direttamente dalle pagine del maxiprocesso. E però ci è stato detto: vabbè sono quattro vecchietti. Ma fino a un certo punto. Perché di lì a poco abbiamo arrestato un altro soggetto, riferimento del mandamento di Ciaculli. Si tratta di Leandro Greco, il nipote di Michele Greco detto il papa, che ci tiene a presentarsi e ad essere riconosciuto col nome del nonno. E qui c’è stato detto: vabbè, sono ragazzini. In attesa che qualcuno ci indichi il target preciso da indagare, visto che a 20 anni non va bene e a 80 anni neppure, troveremo un’età intermedia».

Quel che più preme ribadire a Lo Voi è che, per la mafia palermitana, «le regole servono a gestire le nuove attività». Un controllo interno molto ferreo, insomma, dato che «per ciascun territorio è autorizzato a parlare solo il campo mandamento» e che «le iniziative singole e spontanee non sono consentite e sono punite». Ma quali sono i settori economici preferiti da Cosa nostra? A sentire il procuratore palermitano «negli ultimi anni c’è stato un significativo cambiamento non solo di interesse ma anche di operatività nel campo del traffico di sostanze stupefacenti. Un settore per un po’ quasi messo da parte, nel senso che Cosa nostra non vi dedicava particolare attenzione se non a controllarlo dall’esterno perché si era posto il problema delle pene severe erogate ai condannati – dice – Invece negli ultimi anni questi signori si sono resi conto che le pene per le estorsioni sono andate salendo di entità, per cui quando si trova un soggetto accusato di partecipazione mafiosa e di estorsione aggravata dal metodo mafioso le pene sono similari».

Lo Voi dunque lancia una provocazione, partendo da uno dei tormentoni politici più in voga negli ultimi mesi. «Si può dire che la mafia fa l’analisi costi benefici? Certamente stando così le cose tanto vale tornare alla droga – continua – perché qui almeno non ho un interlocutore antagonista come possono essere i commercianti (e il pensiero va a Giuseppe Piraino, che ha filmato il tentativo di estorsione al Capo … ndr) ma un interlocutore che mi chiede un servizio, fino a casa. Ma le estorsioni continuano, perché sono comunque una forma di controllo e di assoggettamento del territorio, attraverso il contatto con soggetti dai quali, se c’è bisogno, si possono acquisire informazioni». 

È un altro, però, il business sempre più preferito dalle mafie ad ogni latitudine. Ovvero quello del gioco d’azzardo, dove i confini tra legale e illegali sono sempre più sottili. «Negli ultimi anni non c’è ordinanza che non veda la presenza di questi soggetti, o direttamente o per interposta persona, attraverso punti gioco e piattaforme di varie nature – conviene il procuratore palermitano – Questo settore, che è enormemente remunerativo, ha una caratteristica particolare: l’interlocutore anche qui non è un antagonista del mafioso che le gestisce, è un soggetto che chiede un servizio. Chi sia a gestire la sala giochi o quali siano i circuiti internazionali al giocatore non gliene frega niente. E tantomeno va a denunziare quello che peraltro spesso manco sa, al contrario invece del commerciante. La vittima del gioco non è pericolosa per la mafia, ecco perché il settore è in espansione tanto che qualche mafioso di calibro ha detto “ma perché dobbiamo andare a disturbare le persone con le estorsioni quando c’è l’azzardo”». 

Grandi comunque sono gli appetiti mafiosi. E, come sempre, intercettano anche le ultime tendenze della società civile. Era dunque quasi inevitabile che Cosa nostra si fiondasse su quella Palermo che vuole vivere di turismo e della ristorazione. Ciò avviene, spiega sempre Lo Voi, anche fuori dalla Sicilia. «Secondo i nostri dati – afferma – la regione maggiormente interessata in questo senso è il Lazio. Vi è poi un duraturo interesse nel settore degli appalti. Con una precisazione: in Sicilia i grandi appalti non ci sono più, la crisi economica ha fatto in modo che le medie e grandi opere non vengano realizzate. Allora l’interesse è stato rivolto ad appalti minori, in ambito ad esempio comunale come la manutenzione delle strade, la raccolta dei rifiuti, la mensa per la scuola. Cioè tutta quella attività che consentono, senza destare particolare clamore e l’attenzione della magistratura, di gestire un certo tipo di potere settorializzato che poi magari fanno capo nella gestione a una rete più strutturata. Col risultato che ci si accontenta di corrompere funzionari comunali o un assessore, già il sindaco è un livello abbastanza alto».

Lo Voi segue sempre la scia del denaro, come insegnava Giovanni Falcone quando tracciava, a fine anni ’80, il famoso follow the money. «Tutto questo avviene attraverso l’utilizzo di facce pulite – dice il procuratore – Si tratta di alcune centinaia di persone che negli ultimi anni sono stati sottoposti a indagini per intestazione fittizia di beni (cioè per evitare misure di prevenzione). Il che significa due cose: sono loro che si offrono, o comunque non rifiutano, e contemporaneamente abbiamo la presenza di soggetti sconosciuti e incensurati che così entrano in contatto con altre realtà come pubblici ministeri e professionisti (avvocati, notai, direttori di banca). Presentandosi con la faccia pulita possono trarre in inganno l’interlocutore sulla vera natura dei loro traffici. Non c’è più l’intestazione da padre a figlio, come avveniva negli anni ’80, ma si crea la possibilità in questo modo di potere entrare in contatto anche con settori politici (non abbiamo elementi a riguardo ma non lo escludo). Cito un dato: nel corso di un’operazione recente i mafiosi interessati a offrire l’appoggio elettorale a una candidata dicevano che doveva farcela perché il marito a Roma ha rapporti importanti, un sacco di conoscenze. L’infiltrazione mafiosa nei vari settori della società è una delle caratteristiche storiche, e nessun settore si è mai rivelato immune». 

Eppure gli ottimi risultati della procura del capoluogo siciliano sono stati raggiunti in condizioni difficili e note, che Lo Voi in ogni caso torna a rimarcare (anche se la commissione parlamentare, in questo senso, può far poco). «La procura di Palermo fa del suo meglio ma soffriamo una pesante carenza di organico – afferma – Un’assenza ancora più preoccupante è quella del personale amministrativo, senza i quali non riusciamo neanche a muovere le carte da un ufficio all’altro. I tre quarti che rimangono si devono fare carico del quarto che manca. Ci saranno poi ulteriori pensionamenti, e ancora non abbiamo i dati con quello che accadrà col provvedimento di quota 100. È in difficoltà anche il tribunale, nel settore del gip/gup: e se le loro risposte non sono rapide i soggetti criminali continuano a operare. Non ci sono manco aule adeguate per la videoconferenza».

Andrea Turco

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