La fusione a freddo comincia a mostrare i suoi limiti. Non è bastata la visita di Matteo Salvini in Sicilia e non è stata sufficiente neanche la cena corredata dai giochi di gruppo per calmare le acque dalle parti della Lega in Sicilia. La fusione a freddo tra una base che, da anni, costruiva il partito nella Regione più a Sud d’Italia e il gruppo all’Ars, formato grazie alle trattative chiuse a Roma dal tessitore Nino Minardo, stenta a decollare. E al primo banco di prova, che sono le Amministrative in 66 Comuni dell’Isola – fissate per il prossimo 24 maggio – le frizioni si stanno manifestando tutte. Da Agrigento a Messina, passando per il Catanese e persino il Ragusano, terra di Minardo, dove – sussurrano i bene informati – «le tensioni nelle ultime settimane sono state visibili».
Proprio nell’Agrigentino, la lettera di sospensione dal partito recapitata alla consigliera comunale Nuccia Palermo (il cui nome era già circolato tra le papabili candidate alle scorse elezioni europee, surclassato poi da quello dell’attuale eurodeputata Annalisa Tardino) è avvolta da un’aura di mistero. C’è chi dice di averla letta personalmente, chi dalle retrovie insinua il sospetto che si tratti quasi di una leggenda metropolitana. Fatto sta che a quella lettera – vera o presunta tale – il luogotenente di Salvini in Sicilia, Stefano Candiani, non ha mai dato seguito e Palermo continua a guidare il gruppo consiliare del Carroccio all’ombra dei Templi. Lo scontro, in ogni caso, resta. E, stando ai racconti che arrivano dalle retrovie, riguarderebbero la scelta di Massimiliano Rosselli (e Alessandro Pagano) di sostenere la corsa di Marco Zambuto alla guida della città, mentre il gruppo che segue Nuccia Palermo avrebbe puntato su una candidatura leghista indipendente.
Non va meglio guardando al Messinese. L’ultima querelle è avvenuta qualche sera fa, quando si è tenuto un vertice del centrodestra sulle Amministrative. Un primo incontro ristretto tra i rappresentanti di Forza Italia, dell’Udc, di Fratelli d’Italia, di Diventerà Bellissima, di Ora Sicilia e – appunto – della Lega. Un solo referente al tavolo politico per ciascun partito, eccezion fatta per il Carroccio, rappresentato da ben cinque esponenti, delegati dalle due anime leghiste del territorio. Una guidata dal capogruppo all’Ars Antonio Catalfamo, l’altra dal sindaco di Furci Siculo (e coordinatore provinciale) Matteo Francilia. E se Catalfamo assicura che «dentro la Lega a Messina andiamo tutti d’amore e d’accordo», i racconti della riunione parlano di una tensione ben più evidente tra i cinque sulla scelta dei nomi da mettere in campo per i candidati sindaco nei Comuni al voto.
Un clima, insomma, che lascia prevedere un percorso sempre più in salita. Perché è vero che il Carroccio nell’Isola ha fatto un significativo balzo in termini percentuali nelle ultime tornate elettorali, rispetto al 5,65 per cento raggiunto alle Regionali del 2017 dalla lista unica di Fratelli d’Italia e Noi con Salvini. Ma è vero anche che tanto i cinque punti percentuali delle Politiche 2018, quanto i 20 punti delle scorse Europee sono stati in buona parte il frutto di campagne elettorali giocate sul piano nazionale e, dunque, sul voto d’opinione.
Le Amministrative, al contrario, sono un banco di prova a parte, più locale e territoriale, dove un ruolo fondamentale è giocato dal radicamento nel territorio e dalla forza dei candidati. E non è da escludere che la coalizione di governo stia aspettando proprio quello, prima di discutere di rimpasto di giunta. Di mezzo, però, c’è la sessione di bilancio all’Ars. E, senza il rimpasto, la strada potrebbe essere pericolosamente più ripida.
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