Almaviva, scatta la mobilitazione contro gli esuberi Sindacati: «Stop a ricatti, a rischio ordine pubblico»

Lunedì inizieranno le assemblee. Per quattro giorni i lavoratori delle due sedi palermitane di Almaviva si confronteranno. C’è da decidere il percorso di lotta in vista di quella che potrebbe essere la nuova Termini Imerese siciliana. In ballo il futuro di 2.500 lavoratori, per i quali si agita lo spettro del licenziamento. L’azienda ha già annunciato gli esuberi, colpa della mancanze di commesse e di un margine operativo ben al di sotto di quello necessario per la sopravvivenza del sito. «I lavoratori sono stanchi di inseguire le emergenze – dice il segretario regionale della Uilcom Giuseppe Tumminia -. Serve una programmazione per il settore dei call center che in Sicilia occupa complessivamente 20mila persone e occorre un investimento sulla formazione e sulla logistica».

Un impegno che chiama in causa non solo l’azienda, ma anche e soprattutto i governi. Nazionale e regionale. «Davanti a gare al massimo ribasso e all’assenza di regole e norme a livello legislativo – dice ancora Tumminia – a pagare sono sempre i lavoratori, per i quali a ridosso di ogni scadenza scatta il ricatto sociale». In Sicilia Almaviva conta circa 6mila addetti tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a progetto. Solo a Palermo si tratta di una platea di oltre 4mila persone, con un’anzianità di servizio in molti casi superiore ai dieci anni. Da gennaio i dipendenti, già messi a dura prova dai contratti di solidarietà, potrebbero restare senza lavoro. Ma a preoccupare le parti sociali è l’effetto domino che rischia di lasciare a casa tutti i lavoratori del gruppo.

«I nostri competitor viaggiano a prezzi più bassi grazie alla delocalizzazione e a un costo del lavoro inferiore dovuto a una minore anzianità di servizio dei lavoratori – spiega Eliana Puma della Fistel Cisl Palermo-Trapani -. Eppure ci sono regioni in cui i governatori hanno fatto sentire la propria voce. In Sicilia, al contrario, registriamo un silenzio assordante da parte del presidente Crocetta, nonostante l’industria dei call center sia la più grande oggi esistente nell’Isola». «La Regione non ha battuto un colpo» denuncia Massimiliano Fiduccia della Slc Cgil, che punta il dito anche su un’altra questione: la clausola sociale nei cambi d’appalto. La norma prevede la prosecuzione dei rapporti di lavoro già esistenti in caso di successione di imprese negli appalti con il medesimo committente e la protezione dei trattamenti economici e normativi contenuti nei contratti collettivi. Da settimane l’emendamento è fermo a Montecitorio tra un rinvio e l’altro. «È una battaglia di dignità su cui la Regione siciliana non ha preso posizione, nonostante abbia il più alto numero di addetti del settore». 

«La battaglia si vince a Roma e a Bruxelles – assicura Claudio Marchesini, segretario generale dell’Ugl di Palermo -. Occorre mettere fine alla giungla esistente e stabilire regole chiare. Poi è necessario chiamare alle proprie responsabilità i grandi committenti, che spendono miliardi di euro in pubblicità e poi tagliano sul personale e sugli stipendi dei lavoratori». Per scongiurare i licenziamenti i sindacati annunciano scioperi e presidi, ma il timore, neppure tanto nascosto, è quello di non riuscire a governare la protesta. «I lavoratori sono esasperati anche a causa delle scelte unilaterali dell’azienda che hanno creato un forte clima di tensione». Non ultima l’introduzione del talking time, ossia una retribuzione calcolata su tempo effettivo utilizzato dal lavoratore per parlare con cliente.

«Crocetta intervenga – conclude Tumminia – partecipi alle assemblee con i lavoratori e convochi i committenti in Sicilia. Serve un’assunzione di responsabilità a tutti i livelli e il governatore ha il dovere di stare al fianco dei lavoratori. Chiediamo subito un tavolo in prefettura, perché non c’è più tempo da perdere». 

In serata ai lavoratori arriva anche la solidarietà di Palazzo delle Aquile. «L’Amministrazione comunale segue con grande attenzione e preoccupazione l’evolversi della vertenza di Almaviva» dicono il sindaco Leoluca Orlando e l’assessora Giovanna Marano, per i quali è «sbagliata qualunque ipotesi di disimpegno di Almaviva dal territorio. Il Gruppo non può non assumersi una responsabilità rispetto a elementi di coesione sociale decisivi per la vita della nostra città e della nostra regione».

Per Orlando e Marano «l’importanza, la dimensione territoriale e la delicatezza di questa vertenza richiedono una funzione attiva di tutte le Istituzioni, a partire dalla Regione. Il Comune non farà mancare il proprio contributo».

Rossana Lo Castro

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