Almaviva, ancora lontana l’ipotesi dello smart working Dipendenti in agitazione. «Bomba sanitaria a orologeria»

«In Calabria il sindaco ha sospeso già tutto, call center chiusi. Qua cosa stiamo aspettando ancora?». Il segretario generale Slc Cgil Palermo Maurizio Rosso non è il solo a domandarselo. Insieme a lui, tutti i giorni se lo chiedono anche i 2.800 dipendenti di Almaviva, costretti ancora a recarsi in sede per lavorare. Senza guanti e senza mascherine, a meno di non averle a disposizione a casa propria, che l’azienda non riesce a garantire perché introvabili. E senza igienizzanti, salvo sempre quelli provenienti dalle proprie abitazioni. «Siamo una bomba a orologeria», dicono i lavoratori, che da giorni ormai chiedono all’azienda la possibilità di attivare lo smart working, cioè di poter in sostanza lavorare da casa. 

Una decisione, però, che non dipende solo da Almaviva Contact, ma anche dai singoli committenti: «Parliamo di dati sensibili, sono anche loro che devono dare l’ok per una cosa del genere – spiega Rosso -, ma perché temporeggiare? Se non si acconsente a una soluzione del genere in un contesto come questo, allora quando?». Domande che, al momento, restano inevase, senza risposte né misure concrete purtroppo. Anche se, dopo l’incontro di ieri tra l’azienda e le Rsu, Almaviva si è impegnata a promettere un’intensificazione delle operazioni di pulizia e sanificazione dei luoghi di lavoro, accogliendo lamentele e osservazioni. Fino ad oggi, per chi si reca ancora nella sede di via Cordova, la misura adottata è quella delle postazioni alternate, che non può certo bastare a scongiurare i contagi. 

Chi può, temporeggia in attesa di misure diverse da parte dell’azienda prendendo qualche giorno di ferie o di malattia. Ma non tutti sono nelle condizioni di farlo e sono quindi costretti ad andare in ufficio. Attirando a volte, di contro, le critiche di altri colleghi. «Con lo straordinario pensano di debellare il virus?», ironizza qualcuno. «Vorrei vedere se nessuno si presentasse a lavoro chi oserebbe licenziarli», azzarda qualcun altro. Il malessere tende ad aumentare giorno dopo giorno, insomma. Seguito da appelli sui social e sfoghi da parte di chi è coinvolto in prima persona. «A venerdì prossimo non ci arriviamo – osserva un dipendente -. È quasi inevitabile. Possiamo fare il toto servizio: dove sarà il primo caso? In quale servizio Almaviva? Io scherzo perché voglio davvero che non accada mai… ma sta già accadendo ovunque a tutti: forze dell’ordine, call center all’estero, politici, calciatori e sportivi. Ovunque! Il sevizio che subirebbe più di tutti un crollo essenziale (a livello nazionale) è il numero 1500, che dire…preghiamo per il meglio».

Silvia Buffa

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