«Allora scelga se fare l’avvocata o la mamma» Così il giudice catanese liquida la professionista

«E allora scelga se fare l’avvocata o la mamma». Una caduta di stile, a essere buoni. La catanese Salvina Silvia Neri, 36 anni, non ci ha pensato due volte e subito ha scritto sui social di quello scambio infelice di battute. «Ero molto adirata, non era quella la sede per una frase di questo tipo, non è quello il comportamento che mi aspetto da un magistrato», racconta a mente fredda la stessa protagonista a MeridioNews. Il suo interlocutore era il giudice Guido Oliva del tribunale di Catania. Pochi minuti di parole che si traducono «in una mancanza di rispetto immotivata, aldilà della frase in sé dallo squallido contenuto sessista», dice Neri.

Tutto è avvenuto ieri mattina, in un’affollata aula della sede giudiziaria di via Crispi. Le udienze del giorno erano già slittate alle 10.30. «C’erano state delle disfunzioni, il giudice aveva avuto altri impegni sempre in tribunale – racconta la professionista – e abbiamo trovato un foglio di carta con il nuovo orario di inizio dei lavori, anche quello poi ulteriormente posticipato». Una volta iniziato l’esame dei procedimenti, l’avvocata Neri comincia a preoccuparsi per l’ora: «Dovevo andare a prendere i miei figli a scuola a Sant’Agata Li Battiati, ma non era questo il punto. Sarebbe bastato avere una scaletta delle udienze per avere tutti modo di organizzarci al meglio». Questo l’oggetto della richiesta che Neri avrebbe formulato di lì a pochi minuti.

L’ordine di lavoro del giudice, infatti, non era conosciuto dagli avvocati presenti in aula. Un modo di procedere che, come ricordano anche altri professionisti del foro etneo, risponde alla prassi quotidiana. «Si è iniziato così a trattare le udienze con un ordine che non ci viene comunicato – racconta Neri – e quindi mi sono avvicinata per chiedere notizie, dicendo al giudice che avevo i bambini in uscita da scuola e che volevo sapere come si sarebbe andato avanti. Del resto si trattava anche di una prima udienza». 

Parole che innescano la reazione fuori dai binari di Oliva. La conversazione si chiude rapidamente, nel gelo della sala. «Comprendo come anche i giudici si trovino sotto pressione, che ci siano momenti di nervosismo è normale, ma in un tribunale tutti meritano rispetto, le gerarchie non giustificano certe frasi», commenta l’avvocata catanese. Convinta anche che lo stesso trattamento non sarebbe stato riservato a un collega di sesso maschile: «Non credo che a un uomo avrebbe mai detto “scelga di fare l’avvocato o il papà”», aggiunge polemicamente. Anche nei confronti di quei colleghi che l’hanno criticata.

Del resto, subito dopo il battibecco, in aula avrebbe dominato il silenzio. «Tutti sono rimasti zitti, solo dopo ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà, ma anche diverse critiche. C’è chi mi rimprovera di essere stata troppo scontrosa o fuori luogo». Altri avvocati etnei, pur prendendo le distanze dalle parole del giudice, provano infatti a spostare il dibattito: «La frase non va giustificata, ma alla base c’è un problema di disorganizzazione del tribunale». La vicenda, in ogni caso, verrà discussa anche dal consiglio dell’Ordine etneo degli avvocati.

Francesco Vasta

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