Caos alla Foss, tra ingerenze politiche e dimissioni «Se non si punta sul lato artistico i teatri muoiono»

Dicembre non porta certo bene alla fondazione Orchestra sinfonica siciliana. Poco meno di un anno fa, proprio alla vigilia di Natale, l’allora sovrintendente Giorgio Pace viene licenziato con quattro mesi d’anticipo rispetto alla scadenza del suo mandato. Oggi a lasciare, questa volta in maniera spontanea, è Stefano Santoro, il presidente della fondazione. Una decisione, quella di Santoro, che ancora una volta assume più i contorni della scelta politica che di quella artistica.

L’ormai ex presidente, infatti, parla di «impasse dell’organo amministrativo, del Cda che a mio avviso è troppo suscettibile alla politica, che grava persino sulle presenze e sulle assenze in consiglio per far saltare il numero legale». Il consiglio di amministrazione in effetti è per statuto un organo le cui nomine sono espresse direttamente dalla politica. L’ultima squadra si è insediata giusto lo scorso marzo e comprende Marco Intravaia (nominato dalla Regione), Sonia Giacalone (in rappresentanza dei lavoratori della Foss) e Giulio Pirrotta (in rappresentanza del Comune). Santoro non manca di additare anche il Comune, e con esso il sindaco Orlando, che non avrebbe mancato di far pesare la sua influenza nella gestione di alcune faccende quantomai spinose, ultima delle quali è quella legata all’associazione Amici della musica. «Importante l’ingerenza di Orlando – continua Santoro – che ha preteso la gratuità del teatro Politeama per una associazione privata, sotto la minaccia della revoca della concessione alla Foss ove questo suo desiderio non fosse stato esaudito».

E a proposito di politica, l’anno travagliato per la Foss passa anche dalla sovrintendenza di Ester Bonafede, l’ex cuffariana passata prima nella squadra di Rosario Crocetta e poi rimasta vicina agli ambienti del centro e a Saverio Romano: nominata subito dopo Pace, con il placet dello stesso Santoro e non senza portarsi dietro un nutrito stuolo di polemiche relative alla possibile incompatibilità tra l’ex assessora, impegnata in un vecchio contenzioso economico proprio con la fondazione, e la Foss. E persino quella di Stefano Santoro era stata una nomina con un peso politico: «Sono stato nominato per la mia esperienza politica – dice -, sono stato consigliere giuridico, consigliere comunale, sono un avvocato in attività, sulla base di questo hanno pensato che avrei potuto rilanciare l’azione amministrativa e artistica della fondazione correggendo alcune criticità che erano emerse dalla gestione commissariale». Peccato che poi, proprio in sede di discussione, Musumeci e Micciché, che pure vedevano Santoro di buon occhio, non siano scesi in campo per difenderlo dagli attacchi frontali degli altri soci, con Orlando in testa. «Sono rimasto isolato politicamente – continua ancora l’ex presidente – e la vicenda è stata caratterizzata da un silenzio assordante, che spesso colpisce più di un urlo».

Tra i successi archiviati da Santoro, pur con un clima interno piuttosto burrascoso, ci sono quelli di avere riportato l’orchestra a 100 elementi, oltre che avere tentato di far quadrare per quanto possibile dei conti che ancora zoppicano parecchio, con la stagione estiva 2018 che ha registrato un segno positivo sia in termini di presenze che di incassi e con la stagione in corso che ha segnato un aumento negli abbonamenti. Adesso la palla passa, neanche a dirlo, alla politica, con i soci che dovranno muoversi rapidamente per evitare che la Foss resti orfana per troppo tempo di un presidente del Cda. Un tema che preoccupa i sindacati dei lavoratori alle dipendenze della fondazione più delle questioni alla base dei tanti diverbi andati in scena.

«Preferirei glissare rispetto al tema delle dimissioni – spiega Maurizio Rosso, segretario generale Slc Cgil Palermo – riguardano aspetti politici che a noi poco interessano. Intanto però continua a persistere la grave mancanza di un progetto culturale». Secondo il sindacalista, il rincorrersi di decisioni esclusivamente politiche non farebbe altro che danneggiare un patrimonio, dai teatri all’orchestra, che rischia di non reggere più il passo con i tempi e con realtà più strutturate e concentrate più sulla produzione artistica che sulle questioni di palazzo. «Abbiamo una delle migliori orchestre sinfoniche d’Italia – continua – ci vuole un governo forte e un management con scelte precise, perché la produzione culturale deve essere programmata in modo certo e serio con piani da tre o cinque anni. Non si è mai pensato a inserire la tecnologia nei teatri, l’automazione dei palchi che offre la possibilità di programmare anche due spettacoli diversi al giorno, come si fa in tutta Europa. Si va avanti con stagioni improvvisate di anno in anno. Ci vogliono invece progetti che possano attirare capitali privati, va incentivata la collaborazione con gli altri teatri. Ci vuole una scelta coraggiosa, un management serio e poi sì che hai la possibilità di richiedere le risorse. Se non facciamo questo i teatri a Palermo e in Sicilia sono destinati alla morte. È incredibile che non si possa trovare un governo stabile per una realtà così prestigiosa».

Gabriele Ruggieri

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