Alle amministrative il doppio voto di genere La proposta di Crocetta discussa all’Ars

Non solo quote rosa. Dopo i tagli in Regione e l’abolizione delle province, è il doppio voto di genere la nuova battaglia del presidente regionale siciliano Rosario Crocetta. Ancora una volta tra i precursori. Una proposta «al fine di favorire l’inserimento delle donne nella vita politica e istituzionale» che, nelle intenzioni del governatore, dimostra un’attenzione dell’istituzione locale alle tematiche femminili. Sensibilità che ha rischiato di essere compromessa dalla tanto criticata performance di Franco Battiato, ormai ex assessore al Turismo della stessa regione Sicilia, scaricato dal governatore dopo il suo ormai noto «Queste troie che si trovano in parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile», pronunciato dalla sede del parlamento europeo. Ma, passata la bufera mediatica, l’idea continua a non convincere proprio tutti.

Il testo di legge, ancora in itinere, dovrà tornare alla prima commissione Affari istituzionali dell’assemblea regionale siciliana domani 3 aprile. E intanto sono già più di venti gli emendamenti proposti. Certo è però l’impianto della proposta: la possibilità per gli elettori alle prossime consultazioni amministrative siciliane di esprimere una doppia preferenza, purché di genere misto. Cioè, un voto a un uomo e uno a donna. Pena la nullità della seconda preferenza espressa. «Ovviamente i cittadini saranno sempre liberi di indicare una sola preferenza – spiega Francesco Cappello, deputato del Movimento 5 stelle in commissione – Sia essa per un uomo o per una donna. Ma, se ne indicheranno due, il genere dovrà essere diverso».

Una strada indicata nel 2011 dall’allora ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna che, in un ddl diventato legge a novembre dello scorso anno, proponeva proprio la doppia preferenza tra le possibilità per avvicinare le donne alla politica. «Noi abbiamo fatto riferimento a una sentenza che riguarda la Campania (dove la doppia preferenza è già stata applicata alle elezioni regionali ndr) e che impone questa procedura – continua Cappello – Impossibile imporre un doppio voto misto perché, in ogni caso, non si può violare la scelta di un elettore che ha comunque espresso almeno una preferenza». E se il modello è proprio la vicina regione del Sud, il caso vuole che, in questi giorni, proprio lì si stia discutendo dell’utilità di norme elettorali basate sul genere. Come nella lettera al partito della deputata napoletana Pd Luisa Bossa contro le quote rosa e i coordinamenti femminili: «I luoghi protetti non mi hanno mai convinto – scrive – Mi sembrano funzionali all’idea che la donna debba starsene buona nel suo angolo, a coltivarsi la sua quota riservata, a discutere tra sé e sé, e semmai a produrre, al momento opportuno, un documento di sostegno a questo o a quell’altro leader, e ottenerne poi un vantaggio individuale».

E davanti alla novità del doppio voto di genere sembra essere passata quasi inosservata proprio l’altra scelta del governo Crocetta: l’aumento delle quote rosa dal 25 al 30 per cento nelle liste. «Entrambe le proposte vengono dal Pd. Per noi non sono la priorità, ma ci sembra comunque una buona idea – spiega Cappello – Il presidente insiste per dare un segnale. Noi pensiamo che non sia sufficiente una legge per riequilibrare la presenza delle donne nelle istituzioni, ma che si tratti di una questione di cultura». Il gruppo 5 stelle all’Ars, ricorda Cappello, è già costituito al 40 per cento da donne «senza bisogno di quote rosa». Eppure non tutte sembrano pensarla allo stesso modo. «Anche all’interno del movimento ci sono posizioni differenti, perché alcune mie colleghe non ci stanno a essere confinate in riserve – conclude Cappello – Ma ciò non toglie che ci sia un’esigenza da parte di altre formazioni politiche e quindi la nostra decisione è unanime».

«Non mi sembra una cosa eccezionale», è invece il commento di Emma Baeri, storica femminista catanese. In controtendenza con gran parte del movimento per i diritti delle donne, «perché io non rifiuto le tutele a prescindere – spiega – Purché siano efficienti e si dica chiaramente che non sono un favore alle donne, ma un fatto che riguarda tutta la società». Le quote rosa, ad esempio, non le dispiacerebbero nemmeno, «ma, finché non saranno al 50 per cento, saranno inadeguate». Figuriamoci un doppio voto di genere che può essere singolo. «Questi escamotage mi danno fastidio, è la tutela senza libertà che mi dà fastidio – conclude – Che si parli di questi argomenti fa sempre bene, è una cerniera di cittadinanza, ma porre la questione in questi termini, come se riguardasse solo le donne e non la società tutta, è riduttivo».

[Foto di istituto linguistico mediterraneo]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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