Alla Cgil riflessioni sulla crisi dei partiti Priulla: «È l’epoca della politica pop»

Un momento di riflessione sulla crisi dei partiti della sinistra, la democrazia rappresentativa e le nuove forme di democrazia diretta. È quello che è stato, prendendo spunto dal sottotitolo del volume, l’incontro per presentare il saggio dell’avvocato e militante negli ambienti di sinistra catanese Luigi SavocaLa democrazia del Grillo, organizzato nella sede della Cgil di via Crociferi ieri pomeriggio. Tra i relatori moderati da Elena Caruso, oltre all’autore, il figlio Gabriele, la docente di Sociologia della comunicazione alla facoltà di Scienze politiche dell’università di Catania Graziella PriullaOrnella Bertorotta, cittadina portavoce del movimento5stelle al Senato, come lei preferisce essere definita.

«Viviamo in un periodo in cui la parola partito viene demonizzata così come la parola ideologia. È il frutto – afferma la studiosa – di quella che i sociologi chiamano politica pop, in cui pop sta ad indicare una via di mezzo tra il popolare e il populista. Di cui è espressione anche il fatto che la maggior parte di chi ha votato M5S ha deciso di farlo nell’ultima settimana». E l’analisi della professoressa su ciò che caratterizza il modo contemporaneo di fare politica, dimostra che Grillo e Berlusconi non sono poi così diversi. Sia il M5S che il Pdl si fondano sul loro leader e sono «partiti aziende – dice – dove il nome del leader che compare nel simbolo è anche l’unico titolare del suo marchio. Cosa che è normale per i miei studenti ma non per me, nata molto prima di loro». La logica, spiega la docente, è quella «concorrenziale del mercato, per cui chi non è con me è contro di me». E il malcontento non è una variabile significativa: «Presentarsi come il nuovo che arriva è la stessa cosa che ha fatto Berlusconi nel ’94. Inoltre – aggiunge – i grillini si definiscono “né di destra né di sinistra”, che è la stessa cosa che diceva l’ex presidente del consiglio all’inizio della sua carriera politica».

Per la Priulla, «scommettere sui fallimenti degli altri fa comodo, e difatti – spiega – l’unico che si avvantaggerebbe del governissimo sarebbe il M5s». Le dimensioni del successo, secondo l’insegnante, hanno preso alla sprovvista anche Grillo, che è stato così costretto a misurarsi con una domanda che non si aspettava «Cosa faremo al governo?». «Ora bisogna vedere se si alleeranno o se hanno intenzione di rimanere puri e duri come si dicevano quelli della Lega all’inizio», domanda.

La professoressa, e anche Savoca, rigettano la «mitizzazione della società civile, che la nostra società non si merita». «È vero – aggiunge – che siamo arrivati al fondo nelle istituzioni, ma la società civile ne è lo specchio e non è da meno: in essa c’è chi timbra il cartellino per il collega assente, ci sono gli industriali corrotti e i falsi invalidi». Il M5s si dice, invece, espressione degli incorrotti, «come il popolo incorrotto del Nord di Berlusconi», ricorda la sociologa. «I partiti non crollano per colpa della società civile, ma perché è entrato in crisi lo stato sociale. Non esiste una società civile che è migliore di quella politica e non è possibile fare a meno della politica rappresentativa e organizzata». agginge Savoca.

L’ultimo punto analizzato dalla docente sul M5s è la mancanza di competenze, di cui invece la politica ha bisogno. «Io speravo che la classe dirigente fosse meglio di me, non uguale a me», dice la Priulla, a cui la democrazia sembra «più un fine che un mezzo». E anche sul mezzo per esercitarla c’è da discutere: «La rete non è trasparente, è opaca – spiega – il 95 per cento dei contenuti è creato dal 10 per cento degli utenti, tramite anche l’ormai noto marketing virale e la stessa figura di Casaleggio mostra questa ambiguità della rete. Lo scriveva anche Orwell che la trasparenza della rete è un mito che può essere anche pericoloso».

Quello che la docente non vuole permettere si faccia è di «leggere la lunga storia d’Italia come una lunga corruzione di tutti». Purtroppo, «di questi tempi c’è il rifiuto della complessità. Ritornarvi è una sfida per la sinistra – dice – che non vince se si sposta al centro, se scimmiotta il mercato e la pubblicità, ma se capisce cosa del nuovo si deve buttare e del vecchio conservare».

Le mancanze della sinistra sono al centro dell’intervento di Gabriele Savoca. «Oggi manca la militanza nei partiti, la passione e il rapporto con la piazza – dice – e la politica la fanno solo i leader. Anche nella campagna elettorale per le comunali si parla solo di persone, del giovane, del gay, di quello che ha rapporti con la mafia, ma non si parla di programmi e piattaforme comuni». E invece, per il giovane, da questi ultimi si dovrebbe partire per arrivare poi alle persone. Perché «la democrazia diretta – aggiunge – è una contraddizione se poi chi decide è solo una persona e se non si possono presentare pubblicamente le proprie posizioni. La democrazia non è una dittatura di una maggioranza ma una tutela di una minoranza».

Quando la parola passa alla Bertorotta, l’imprenditrice ora senatrice ribadisce che «il movimento propone la trasformazione della società». «I partiti hanno perso il legame con le persone comuni, noi invece – dice – non vogliamo diventare professionisti della politica». Sulla rete non è d’accordo con la docente di sociologia: per lei è il luogo dove si ha «il contatto diretto con la gente». Secondo la grillina, quelli che falsificano la realtà sono i giornalisti. «Il 90 per cento delle notizie è distorto», afferma.

Alla sua dichiarazione: «Sono qui per ascoltare le vostre istanze», la platea risponde gridando: «Vogliamo un governo». «Il M5s sta lottando per avviare le commissioni permanenti che sono come i meet up – ribatte – Noi abbiamo fatto i nostri nomi il 27 marzo, ma i partiti si sono rifiutati perchè dicono che si deve prima fare il governo. Invece – aggiunge – noi pensiamo che le commissioni possano lavorare, visto che il governo Monti è in carica in prorogatio». «Per gli affari correnti», precisano dalla sala. «Sono tantissimi – risponde la Bertorotta – I partiti fanno ostruzionismo, facendo credere ai cittadini comuni attraverso i giornali, che sono tutti di partito e non se ne salva uno, che il responsabile è il M5s».

«L’elemento di novità del movimento è che non si parte più da un’ideologia ma dai problemi reali – sottolinea l’avvocato Savoca – Ma proprio per far fronte ai problemi ci vuole una strategia». Per lo scrittore, «la democrazia diretta, cavallo di battaglia di Grillo, è un aspetto puramente demagogico che non risponde alle esigenze della società». E mette in guardia i grillini citando Lenin: «Diceva che la massaia può governare lo Stato, ma poi la democrazia integrale è finita con un regime dittatoriale».

Non sono mancate le osservazioni da parte degli uditori. Come quella di Cetti Vacante: «Nessuno – commenta – è mai stato così impreparato come i grillini. Le commissioni parlamentari fanno le leggi non sono semplici gruppi di lavoro». «È vero – risponde la senatrice cinque stelle – non siamo preparati in tutto, ma non lo siamo neanche nell’aggirare la legge e nel farne per il nostro interesse. I partiti stanno morendo perché i tempi sono cambiati non per colpa nostra. Non cercate capri espiatori».

Tra i partecipanti c’è chi rimprovera al M5s di fare la guerra al Pd come a Berlusconi, chi dice che Bersani deve fare il governo col Pdl e poi dimostrare che sa farlo rigare dritto, e chi non è affatto d’accordo. Dall’incontro viene fuori un quadro complesso. Chi è pro ad un aspetto è contro a un altro e viceversa. C’è anche un po’ di disordine in sala: qualcuno preferisce dire la sua al vicino di sedia e il vocio diventa fastidioso. È la dimostrazione che la democrazia integrale è inapplicabile. «Ma lo scopo dell’incontro – dice Luigi Savoca – è avviare la discussione e non arrivare a conclusioni».

Agata Pasqualino

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