«Credo, anzi, credevo molto nei sindacati, ma mi hanno deluso. Pensavo che aiutassero i lavoratori e invece hanno fatto tutt’altro». Giuseppe Russo, 37 anni, è un ex lavoratore Aligrup. La società del re dei supermercati Sebastiano Scuto, condannato in appello a 12 anni per associazione mafiosa, prima posta in parte sotto amministrazione controllata e poi liquidata. Per quasi dieci anni Russo ha lavorato al centro commerciale Le Zagare, adesso acquisito dal marchio Coop insieme ad altri cinque punti vendita siciliani, per un totale di 356 ex dipendenti ricollocati. «Poi, per esigenze aziendali, sono diventato un jolly, cioè un lavoratore senza una sede fissa, chiamato secondo le necessità – racconta Russo – Ma l’azienda mi aveva sempre rassicurato sul mio futuro». E invece è arrivata prima la cassa integrazione, poi l’assenza di qualunque prospettiva di riassorbimento. «Nonostante le promesse dei sindacati, secondo i quali saremmo rientrati anche noi nelle trattative con Coop, che all’inizio doveva prendere 21 punti vendita e non solo sei».
Ma ai sindacati Russo non crede più. Tra un figlio in arrivo, una compagna con un lavoro precario e un mutuo da pagare per i prossimi 25 anni, «se non troveremo una soluzione, non ci resta che emigrare», racconta. Per il momento, però, considera la battaglia ancora in corso. Per questo la scorsa settimana ha chiesto e ottenuto, insieme ai colleghi jolly e a quelli del centro commerciale Centro Sicilia, un colloquio con il sostituto procuratore generale etneo Gaetano Siscaro, lo stesso che si è occupato delle vicende giudiziarie di Scuto. Presente all’incontro anche il liquidatore di Aligrup, Francesco Fiscella, chiamato dal magistrato. I temi trattati restano riservati, ma di casi da raccontare ne hanno diversi gli ex lavoratori della società.
«Abbiamo assistito a salti da un spermercato all’altro, persino a qualche jolly assunto a Le Zagare», racconta Russo, confermando la versione di altri colleghi. Stranezze che non vengono smentite dal sindacato. «Dobbiamo ammettere che circa un anno fa non cè stata tanta trasparenza in alcuni punti vendita», spiegava a CTzen alla vigilia dell’apertura del nuovo Ipercoop Salvo Leonardi, della Filcams Cgil. «Ma il sindacato, se sa, non dovrebbe denunciare simili casi?», chiede amareggiato Russo. Che però non si stupisce del tutto. Nella sua mente sono ancora scolpite le parole che il 21 settembre 2012 Giovanni Casa, segretario catanese della UilTucs, il sindacato a cui Russo fa riferimento, metteva nero su bianco in una lettera: «La UilTucs non permetterà che anche un solo lavoratore della rete (jolly compresi) rimanga indietro!». «E invece noi jolly non abbiamo avuto nessuna possibilità. Lo stesso liquidatore ci disse “Solo un miracolo vi può aiutare”», ricorda l’ex Aligrup. Una situazione che riguarda circa 200 persone, compresi anche gli amministrativi.
Russo, come i suoi colleghi, contesta il fatto che ad essere riassorbiti siano stati semplicemente i lavoratori dei punti vendita ceduti. Affidando il futuro di centinaia di famiglie al caso – la fortuna di trovarsi a lavorare in un supermercato piuttosto che in un altro, seppure della stessa azienda – e non a una graduatoria. «Da un lato c’è chi ha bimbi con handicap o chi ha tre figli e ha perso l’unico stipendio, dall’altro ci sono persone con minore anzianità o mariti e mogli che lavorano entrambi per Coop – spiega – In pratica, c’è chi avuto tutto e chi non ha avuto niente». «Sarò sincero amministrativi e jolly non hanno alcuna possibilità perché, secondo la legge, non rientrano nelle cessioni di ramo dazienda spiegava Leonardi a CTzen È vero, a Coop abbiamo concesso qualcosa in più, ma perché così nei prossimi cinque anni, in caso di assunzioni, dovranno attingere al bacino ex Aligrup, sperando di fare rientrare proprio questi lavoratori». «Questo significa che gli accordi vengono fatti per gli imprenditori – commenta Russo – Che quindi hanno più valore dei lavoratori».
Nemmeno la prospettiva di una futura assunzione avanzata da Leonardi lo convince. E questa volta a parlare non è soltanto la delusione. «Mi sembra una sciocchezza perché nell’accordo firmato da Coop la stessa scrive che farà 24 mesi di cassa integrazione a partire da gennaio. A Le Zagare è stato assunto un po’ troppo personale, la Coop lo ha assorbito, ma sono troppi», spiega Russo. «Se già fanno la cassa – conclude – come possiamo pensare che assumeranno altre persone?». Per questo, tra sindacati e promesse, i jolly sperano adesso solo nella giustizia.
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