Albergheria, dove magazzini e tuguri diventano case «Accendiamo i riflettori sui troppi luoghi di morte»

Magazzini trasformati in abitazioni, malgrado spesso non ci siano infissi, né mobili, né le condizioni minime per viverci dentro. Eppure solo «all’Albergheria ce n’è a centinaia», con famiglie piene solo di figli e poco altro. È una di queste quella che lunedì mattina è stata colpita da una delle tragedie peggiori: la morte della figlia neonata, nata prematura insieme al fratellino gemello, adesso ricoverato al Di Cristina. Morta in un piccolo letto tutto rotto, circondata dai tre fratellini che vanno in giro per via dei Biscottari scalzi o addirittura nudi. Morta in quella casa che altro non è se non «una saracinesca fatiscente», solo due settimane dopo il ricovero al Policlinico e il trattamento nell’incubatrice. 

Morte naturale, dicono ora i medici che hanno visitato quel corpicino senza vita. Ma cosa c’è di naturale in una bimba nata prematura costretta a crescere in una casa che è uno sporco magazzino di poco più di venti metri quadri, dove vivono tre famiglie e almeno una ventina di altre persone? Fatiscenza e degrado, che hanno portato le autorità ad aprire un’inchiesta, hanno contribuito e aggravato le condizioni della piccola? La sua morte poteva essere evitata? «Certo, liberando quel magazzino e mettendo donne e bambini in strutture protette», osserva Massimo Castiglia, presidente della prima circoscrizione. «Sarebbe stato il minimo, più volte ho chiesto che questo avvenisse – racconta -. Segnalo ai servizi la situazione di questa famiglia da luglio dell’anno scorso, negli ultimi mesi qualcosa si era attivato». Ma non è bastato, e la lentezza delle procedure burocratiche ha segnato drammaticamente l’intera vicenda. 

«Avevamo preso anche dei contatti, ma loro erano spesso sfuggenti, non si fidavano. Non avevano vaccinato nessuno dei figli – dice ancora Castiglia -. È andato direttamente il personale dell’Asp lì da loro, dopo le segnalazioni di un volontario. E hanno iniziato anche le procedure per iscriverli a scuola. Insomma, di fatto è come se questi bambini non esistessero, il degrado più assoluto». Ma sono tante, troppe le storie come la loro, drammatiche allo stesso modo, anche quando non culminano con la morte improvvisa di qualcuno. «Il tema vero è quello dell’abitare – spiega Castiglia -. L’Albergheria è piena di magazzini come il loro trasformati in abitazioni, è l’ora di dire basta. Non si può arrivare a una tragedia come questa, ci sono vite ad altissimo rischio di devianza, da tutti i punti di vista. Bassi senza stanze o pareti, dove si vive ammassati tutti insieme, senza alcuna privacy». Malgrado esistano, però, anche dei casi in cui qualcuno, certi magazzini, sia riuscito a trasformarli in vere e proprie case, piene di confort e dignità.

«Occorre fare il possibile per mettere in sicurezza donne e bambini – ribadisce -, imparando anche a guadagnarsi la loro fiducia, perché la loro diffidenza rischia di spaventarli e farli scappare altrove». Da un tugurio all’altro, probabilmente. Tugurio che, però, intanto la famiglia che ha appena perso una figlia dichiara di pagare regolarmente per poterci vivere. «Sostengono di pagare 350 euro a un privato, che glielo affitta come abitazione. E non è la prima volta che questo stesso posto viene occupato da famiglie in emergenza abitativa – racconta ancora Castiglia -, prima di loro ci aveva vissuto per mesi una famiglia italiana dello Zen, sempre in condizioni di fortissimo degrado. Molte di queste persone siamo riuscite a seguirle, a portarle via, ad attivare una presa in carico da parte del Comune. Ma dopo di loro, sono venute altre famiglie. Bisognerebbe togliere, se ce ne fossero gli strumenti, la proprietà a persone che affittano luoghi del genere, luoghi di invivibilità totale, luoghi di morte».

Castiglia, insomma, auspica ad accelerare tutte le procedure di dismissione di questo magazzino adibito a casa, sollecitando una presa in carico da parte dell’amministrazione dei componenti della famiglia. «Tutti c’eravamo accorti di loro, le segnalazioni nel tempo sono state tante e mai in termini di fastidio o in virtù di una visione securitaria, anzi. C’è stata molta attenzione proprio dal punto di vista umano, ci siamo mossi a nostra volta con segnalazioni a chi di dovere, ma si sbatte sempre contro ai mostri dei passaggi istituzionali e della burocrazia, che arriva quando arriva». Mentre i magazzini prolificano dentro ai vicoli stretti di una Palermo che, almeno lei, non sembra indifferente a situazioni di tanto degrado. «Questi magazzini vanno sequestrati – insiste Castiglia -, e anche se i guai non li paghi subito con tragedie come questa, li sconti ugualmente nel corso di tutta la vita. Occorre non mollare la presa, queste non sono case, si accendano una volta e per tutte i riflettori su questi luoghi di morte». 

Silvia Buffa

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