Al bar, dal macellaio e dal fruttivendolo ma non in ufficio Ecco dove preferivano andare i furbetti delle Madonie

Al bar o in giro per il paese, oppure dal macellaio, dal fruttivendolo e dal panettiere nello stesso giorno. Ma c’era anche chi ne approfittava per prendere appuntamento al salone di bellezza, chi andava a risolversi grattacapi bancari o chi semplicemente si andava a fare una passeggiata per il paese, passando da un bar all’altro. Per alcuni dipendenti comunali di Castelbuono la prassi era quasi sempre la stessa: qualcuno attestava falsamente la presenza del collega di turno, timbrando il badge al posto suo, mentre con altri ancora si usciva e si rientrava con nonchalance dall’ufficio, per sbrigare faccende personali. Tutto in assenza di permessi o di atti autorizzativi, inducendo in pratica l’ente a erogare uno stipendio viziato in partenza perché calcolato su ore di lavoro in realtà mai svolte. Non in ufficio, almeno. Il quadro fotografato dall’indagine condotta dai carabinieri di Cefalù restituisce un contesto quasi desolante, segnato da una sistematicità divenuta nel tempo prassi quotidiana.

Due dipendenti comunali, tra i quindici indagati, hanno accumulato da sole 71 ore e 41 minuti di assenza, ad esempio, con un danno erariale stimato complessivo di oltre mille euro. Tutti allontanamenti ingiustificati, secondo chi ha condotto le indagini, aggravati dal fatto di essersi verificati «con una frequenza ragguardevole». Ogni capatina fuori dall’ufficio durava minimo un quarto d’ora, quando andava bene. Ma in caso di impegni più consistenti, la pausa fai da te poteva durare anche più di un’ora e mezza. Toccando anche punte ben più alte e facendo ben attenzione a non saltare praticamente neanche un giorno. Ma si sa che qualcosa da fare, fuori dal lavoro, si trova sempre. Almeno a Castelbuono. Tanto che gli inquirenti parlano adesso di «condotte sistematiche e ripetute nel tempo, anche in epoca anteriore a quella oggetto di accertamento». Un’abitudine consolidata, insomma.

Un altro dipendente ancora, mentre avrebbe dovuto essere nel suo ufficio di via sant’Anna, se ne andava un giorno al vivaio, un altro ancora al cimitero. Ma c’erano anche gli appuntamenti in un bar ogni volta diverso, dal parrucchiere, in officina, al circolo della musica o a fare quattro chiacchiere davanti alla storica fontana Quattro cannola. A volte spostandosi addirittura con l’auto del Comune. Qualcuno, in un giorno solo, durate un turno di otto ore è mancato addirittura per tre ore. Un primato battuto però, solo qualche giorno dopo, da una collega che è mancata dal suo ufficio per quattro ore, uscendo dopo pranzo e tornando nel tardo pomeriggio. Un vero e proprio sistema, di cui a turno si avvalevano diversi dipendenti comunali, allontanandosi per i motivi più disparati. Senza sapere, però, che qualcuno aveva segnalato anonimamente tutto e che il loro vizietto veniva spiato attraverso appostamenti e pedinamenti, telecamere di videosorveglianza e riscontri informatici. 

Ma l’inchiesta ha toccato anche il vicino Comune di Collesano, dove a finire tra gli indagati sono anche alcuni lavoratori socialmente utili in servizio nell’ambito del progetto attività donne finanziato dalla Regione (intervento di assistenza economica per soggetti in stato di bisogno), che dovranno rispondere di truffa aggravata. Dipendenti tenuti comunque a timbrare il loro cartellino all’inizio e alla fine del proprio turno. Una prassi che alcuni di loro sembrerebbero aver dimenticato, almeno in occasione delle loro più o meno brevi fughe dal posto di lavoro. E in fatto di tempistiche ce n’è davvero per tutti i gusti, lo stesso soggetto infatti era in grado di assentarsi per soli nove minuti ma anche per quasi tre ore. Perché in effetti se decidi di allontanarti per acquistare un televisore al centro Trony di Termini Imerese sai che potrebbe anche volerci del tempo, al netto della strada per arrivare al negozio e della confusione con cui fare i conti. Ma anche per i dipendenti di Collesano, così come per i colleghi del Comune vicino, non potevano mancare gli appuntamenti dal venditore ambulante per fare un po’ di spesa, al bar della zona o dal panettiere. 

Una dipendente, addirittura, non si allontanava mai per meno di quattro ore, maturando in undici giorni di servizio ravvicinati tra loro oltre 22 ore di assenza. Mentre altre colleghe se ne tornavano a casa col marito o altre andavano in chiesa. Tra loro ci sarebbe anche il comandante della polizia municipale: secondo gli inquirenti, si sarebbe diviso tra una capatina alla profumeria della moglie, un alimentari del posto e un laboratorio di analisi cliniche, per un totale di oltre dieci ore di assenze ingiustificate nell’arco di appena un mese. Tra i dipendenti in senso stretto, ci sono anche gli lsu, come ad esempio chi faceva l’assistente domiciliare di anziani e disabili nelle scuole, che si sarebbero a loro volta lasciati ingolosire da alcune «uscite intermedie», come le hanno definite gli investigatori. Un salto dal parrucchiere, un altro dalla sanitaria, infine in cartoleria. Altre ancora, invece, si limitavano a qualche chiacchiera in strada con altre colleghe o in giro col proprio marito.

Un’altra ancora, invece, anziché rimanere negli uffici comunali per il suo servizio si spostava in un condominio privato per fare le pulizie. Mentre altri insistono al minimarket, dal ferramenta, dal tabaccaio. Anche se, proprio nel caso specifico delle lsu, l’attuale sindaco di Collesano Giovanni Battista Meli ha ribadito, secondo i suoi personali ricordi del passato, che si trattava di donne di famiglia bisognose che difficilmente si potrebbe approfittare della situazione, «sono tutte persone perbene, quando io avevo un qualche bisogno non si ponevano nessun problema», attardandosi anche in ufficio, a seconda dell’esigenza, malgrado non fossero tenute a farlo.  

Silvia Buffa

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