Aiuti alle imprese, dal Sud class action contro Invitalia «Domande bloccate in modo retroattivo, spese a vuoto»

«La informiamo che sono esaurite le risorse disponibili pertanto la domanda di finanziamento non potrà essere esaminata». A ricevere la comunicazione sono stati, negli ultimi mesi, circa duemila aspiranti imprenditori del Meridione, di cui oltre 800 siciliani. In primavera avevano deciso di provare a ottenere un aiuto da Invitalia, l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, di proprietà del ministero dell’Economia. Nello specifico, le misure a favore dell’autoimpiego erano due: la prima riguardava il lavoro autonomo e consisteva in un finanziamento pari a poco meno di 26mila euro – di cui il 50 per cento a fondo perduto -, e la seconda rivolta alle microimprese con un prestito di circa 129mila euro e l’impegno di restituirne la metà a tassi di interesse agevolati.

Tutto questo fino all’8 agosto quando, con un annuncio pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, Invitalia informava dell’interruzione del progetto «a causa dell’esaurimento dei fondi». Una decisione che non avrebbe destato scalpore, se non fosse che poche settimane dopo gli uffici dell’agenzia hanno iniziato a inviare lettere in cui si informavano gli aspiranti imprenditori che anche le domande pervenute dopo il 26 marzo non sarebbero state comunque esaminate.

«È assurdo che abbiano deciso di bloccare l’esame delle domande in maniera retroattiva – racconta un giovane, che confidava nel prestito per poter aprire un pub nel Catanese -. Siamo stati presi in giro, senza contare l’aver speso soldi inutilmente». Lo stop alla valutazione delle pratiche, infatti, ha significato per molti non solo una perdita di tempo, ma anche aver affrontato costi senza alcun ritorno: «Ho sostenuto spese notarili, bloccato l’affitto dell’immobile che avrei dovuto ristrutturare e a distanza di oltre sei mesi mi fanno sapere che ho fatto tutto per nulla? Questa storia non può finire così».

A non rassegnarsi sono in tanti. Ed è per questo che dalla Campania è partita una class action, a cui man mano hanno aderito giovani e non provenienti da altre regioni. Tutti accomunati dal desiderio di vedere rispettati i propri diritti e chiedere i danni all’agenzia del ministero. Tra le principali contestazioni, appunto, il ritardo con cui Invitalia ha informato della sospensione. Sei mesi che, secondo il regolamento, sarebbero dovuti servire a dare una risposta in merito alla validità dei progetti presentati: «La sospensione del procedimento di valutazione – si legge nel ricorso presentato da un gruppo di imprese campane – risulta lesiva dei principi generali dell’attività amministrativa. Le imprese non sono state messe nella condizione di evitare costi umani e materiali inutili». 

Uno scenario che rischia di avviare una serie di contenziosi contro la pubblica amministrazione, anche nell’eventualità che dal ministero giungessero notizie circa un nuovo finanziamento del progetto: «Partecipare nuovamente non annullerebbe le spese fatte in questi mesi. Il danno che abbiamo subito rimarrebbe. Partecipare alla class action? Ci stiamo informando, ma in ogni caso in maniera collettiva o personale ricorrerò alle vie legali», conclude il giovane catanese. Della possibilità di proseguire nelle azioni contro Invitalia e delle eventuali soluzioni al problema, si parlerà la prossima settimana a Ragusa nel corso di un incontro a cui dovrebbe partecipare, tra gli altri, anche la viceministra allo Sviluppo economico Simona Vicari.

Simone Olivelli

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