«La presentazione del portale Agrorà è l’evento conclusivo di un lavoro durato un anno, anche se in realtà questo è solo l’inizio di un sistema da implementare». Federica Argentati, la presidente del Distretto produttivo agrumi di Sicilia, racconta così i risultati del progetto Social Farming – Agricoltura sociale per la filiera agrumicola siciliana organizzato da Distretto agrumi di Sicilia e Alta scuola Arces con il contributo finanziario di The Coca-Cola Foundation e presentato ieri mattina in conferenza stampa al palazzo della Cultura di Catania: «Con l’apporto fondamentale di agronomi, docenti universitari, aziende locali e professionisti abbiamo avviato quattro corsi di formazione e otto seminari nelle province di Catania, Siracusa, Messina, Trapani, Agrigento e Palermo – spiega Argentati – coinvolgendo circa quattrocento tra giovani, donne, migranti e soggetti svantaggiati e trattando tematiche trasversali, dalle tecniche di produzione di un agrumeto all’etica d’impresa».
Tra gli output principali del progetto, quella che per Argentati vuole essere una scommessa: un sito web, Agrorà, dedicato alla ricerca di personale specializzato e non, per fare incontrare domanda e offerta di lavoro nella filiera agrumicola. «All’interno del sito sono stati caricati i curricula delle persone che hanno seguito i corsi di formazione in modo da consentire loro di essere reperibili dalle aziende in cerca di risorse, ma anche per poter inviare la propria candidatura alle stesse».
Nel corso della presentazione di Agrorà e Social Farming si sono alternati gli interventi delle varie realtà che hanno contribuito alla sua realizzazione: per Giuseppe Rallo, direttore di Alta scuola Arces – collegio universitario che offre servizi di vitto, alloggio e supporto allo studio – un progetto del genere è un modo per «provare a far rimanere i ragazzi in Sicilia, in questo caso puntando sull’agricoltura con un’iniziativa che parte dai campi, passando dalla distribuzione e dalla trasformazione. Non possiamo dire di avere formato dei manager ma piuttosto di aver trasmesso competenze tecniche». Vittorio Cino di Coca-Cola Italia ha spiegato come la grande compagnia abbia deciso di sostenere un progetto del genere «perché ha l’ambizione di costruire qualcosa che maturi nel tempo» aggiungendo come la responsabilità sociale d’impresa in Sicilia sia «un modo per restituire ciò che prendiamo dal territorio in cui abbiamo uno stabilimento».
È intervenuta anche Anna Alaimo, docente di Diritto del lavoro dell’università di Catania, per approfondire da un punto di vista legislativo l’intreccio tra lavoro, inclusione sociale, legalità e diritto.
Presenti anche alcuni dei partecipanti ai corsi di formazione che hanno raccontato la loro esperienza a Meridionews: «Ho svolto vari lavori ma sempre nell’ambito dell’agricoltura a conduzione familiare – spiega Carmelo, 38 anni, di Acireale – Per me i corsi sono stati una base per aggiornare le mie competenze e trovare nuovi spunti, scoprendo strumenti del marketing e nuove possibilità per rendere più spendibile il settore agricolo attraverso il turismo o altre forme di commercializzazione diretta». Adam Mohamed, nordafricano residente in Italia da diversi anni, racconta di aver lavorato già in passato nelle campagne siciliane e di essere in cerca di lavoro: «Seguendo il corso ho imparato tante cose nuove sulla potatura, sui concimi e su come piantare diversi tipi di piante. Adesso sono di nuovo in cerca di lavoro, mi è appena nato un figlio e ho bisogno di potere tornare a casa, non posso rimanere a dormire in campagna. Ho messo il mio curriculum sul sito e spero che le aziende mi chiamino. Purtroppo per ora si trovano solo lavori di pochi giorni, in nero e questo per me non va bene».
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