Agrigento, l’uomo morto carbonizzato in un capannone  «Una tragedia della povertà, viveva solo col suo cane»

Ci sono povertà e solitudine all’origine della tragedia di Cattolica Eraclea, dove un cinquantenne è morto in seguito all’incendio di un capannone nel quale viveva da solo. Era l’unico rifugio che gli era rimasto dopo avere trascorso lunghi anni a Milano ed essere tornato nella città d’origine.

Qui, però, malgrado venga descritto da tutti come una persona buona e disponibile, un lavoro non lo aveva trovato. Così Liborio Campione, così dovrebbe chiamarsi il cattolicese morto nell’incendio del capannone (anche se per averne certezza bisognerà attendere gli esami, considerato che il corpo è stato trovato completamente carbonizzato dai vigili del fuoco), si era adattato a vivere in un deposito, al freddo. Forse proprio il freddo, che combatteva con una stufetta elettrica, potrebbe averlo ucciso. Gli inquirenti ipotizzano, infatti, che l’incendio possa essere partito proprio da una stufa elettrica che, probabilmente, ha funzionato male.

A conoscere bene Liborio Campione era don Nino Giarraputo, parroco del paese, che già nel corso della notte tra giovedì e venerdì è stato tra i primi a raggiungere la contrada Balate, dove si era sviluppato l’incendio nel capannone. «Sono stato con lui – ha raccontato don Giarraputo – fino al giorno prima della tragedia. Stavo preparando la processione dell’Immacolata e Liborio mi dava una mano. Siamo di fronte ad una grande tragedia, una tragedia della povertà». Una povertà che Liborio Campione viveva in maniera molto dignitosa. Non chiedeva aiuto, se ne stava nel deposito di contrada Balate che era diventata la sua casa, ogni tanto faceva qualche lavoretto, mangiava alla mensa della solidarietà. 

«Era molto affezionato al suo cane, stravedeva per quell’animale – aggiunge don Giarraputo –. Pensate che divideva con lui il suo pasto alla mensa. Anzi, prima dava da mangiare all’animale e poi lui si accontentava di ciò che rimaneva. Lo ricordo come una persona buona, mite, sempre gentile con tutti. A più riprese – aggiunge il sacerdote – l’ho invitato a venire da noi, per stare nella canonica, ma ha sempre rifiutato. Non voleva rinunciare al suo cane». A Cattolica Liborio Campione lo conoscevano tutti. «Era un uomo schivo – racconta un pensionato di 70 anni – ma buono. Aveva scelto di starsene da solo in quel deposito, diceva che a lui andava bene così. Lo vedevamo in giro, di tanto in tanto, per le vie del paese. Il suo cane era sempre con lui, non lo abbandonava mai. È proprio vero che il cane è l’amico più fedele dell’uomo». 

La Procura della Repubblica di Agrigento ha aperto un’inchiesta sull’accaduto. Esistono pochi dubbi sul fatto che l’incendio si sia sviluppato a causa di un cortocircuito, per il momento viene esclusa l’ipotesi del dolo. La scientifica dei carabinieri, in ogni caso, sta continuando ad eseguire i rilievi sul posto, nel tentativo di fare piena luce sulla tragedia. E poi si attende il riconoscimento definitivo del corpo carbonizzato.

Gero Rizzo

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