Il contratto di programma firmato da Sac e Enac lo scorso 23 maggio è solo l’ultimo tassello burocratico verso il potenziamento dell’aerostazione catanese, in una fase in cui i dati che riguardano i flussi dei passeggeri in arrivo e in partenza mostrano una crescita costante. Lo sviluppo della struttura si muove lungo due direttrici principali: l’ampliamento strutturale dell’aeroporto, collegato a molti temi (con in testa l’atteso allungamento della pista, ma senza sottovalutare la nuova organizzazione dei terminal) e la mobilità da e per il Vincenzo Bellini, strettamente annodata agli investimenti sulla metropolitana, da parte di Fce, e sul treno di superficie della Rete ferroviaria italiana.
Ampliamento strutturale. Inutile girarci intorno: l’estensione della superficie di volo è la questione centrale. Nelle ultime settimane Sac ha lavorato alle precondizioni per giungere all’obiettivo in tempi non lunghissimi. Un mattone è stato posto con l’acquisizione – dal ministero della Difesa – di un terreno da nove ettari corredato da una serie di immobili che in passato costituivano il comando etneo dell’aeronautica militare, oggi trasferito a Sigonella, in concessione quarantennale. Tuttavia, una battuta d’arresto è arrivata con l’approvazione, a metà aprile, del Def (documento di Economia e finanza) e della manovra correttiva da parte del governo Gentiloni. I due provvedimenti pongono il progetto «in fase di review», estromettendolo dalle opere considerate prioritarie. Nonostante il finanziamento da 235 milioni di euro per l’interramento dei binari della Catania-Siracusa, tra Bicocca e Acquicella, approvato a dicembre dal Cipe.
Pochi giorni dopo è stato il sindaco Enzo Bianco a comunicare, con una nota, che il finanziamento Cipe a Rfi è confermato e che il progetto andrà avanti senza inciampi. Una versione confermata dall’ad di Sac Nico Torrisi. Ci sarò modo e tempo per verificare. La seconda pista, come ricorda il sito Catania Mobilita, dovrebbe misurare 3100 metri e correre in parallelo alla prima, lunga 2436 metri. Permetterebbe di pianificare l’apertura di nuove tratte intercontinentali, che impiegano velivoli di grandi dimensioni. Quanto alla nuova suddivisione delle aree terminal, il cda di Sac è entrato nel dettaglio grazie agli investimenti per oltre 95 milioni di euro, previsti dal patto con l’ente nazionale dell’aeronautica civile. Anche con riferimento alla stessa pista e al piano di potenziamento delle aree destinate a parcheggio.
Mobilità. Nel corso della cerimonia per l’apertura della tratta Borgo-Nesima, il commissario di Fce Virginio Di Giambattista ha situato nel 2023 il collegamento della metropolitana con l’aeroporto di Catania. Si attende la linea di finanziamento, guardando anche ai fondi di settore che provengono dall’Unione europea. Frattanto Ferrovia circumetnea sta lavorando per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie per la tratta Palestro-Fontanarossa. Che però, in ordine di tempo, verrà dopo la tratta Stesicoro-Palestro, prevista per il 2020. «Avere un aeroporto ben collegato sarà un grande vantaggio non solo per la città, ma anche per tutta l’area metropolitana», commenta Maurizio Carta, professore ordinario di Urbanistica e Pianificazione territoriale all’università di Palermo. «L’ottica con cui dobbiamo guardare questi interventi non è più urbana: l’aerostazione di Catania servirà sempre più un sistema territoriale più vasto. Sono – prosegue l’urbanista – interventi sempre più necessari, primari quando si costruisce una dimensione metropolitana».
Quanto al versante ferroviario, poche settimane fa l’assessore regionale ai Trasporti Giovanni Pistorio ha dichiarato a MeridioNews che la Regione «ha già programmato la sua quota di finanziamento. La fermata ci costa cinque milioni di euro, la stazione completa invece 15 milioni. Rfi – aveva aggiunto Pistorio – ci garantisce di concludere i lavori per la fermata in due anni, dunque entro il 2019». Non sono ancora chiari i tempi di costruzione della stazione completa, che dovrebbe chiamarsi Santa Maria Goretti. L’approdo ultimo sarebbe rappresentato da un nodo di scambio tra metro e treno, con servizio di bus navetta fornito da Sac per percorrere i 700 metri che lo separerebbero dai terminal.
«In Sicilia – aggiunge Carta – abbiamo un gap infrastrutturale evidente, ed è uno dei nostri problemi principali. Prima lo colmeremo, prima riusciremo a mettere in tensione quello straordinario patrimonio di risorse culturali, educative e scientifiche, che dobbiamo solo rendere più connesse. Se questo divario riusciremo a ridurlo, si attiverà quel moltiplicatore dello sviluppo che è legato ad un territorio facilmente interconnesso». «Va in questo senso la cosiddetta cura del ferro annunciata dal governo nazionale – conclude il docente – e vedo anche una nuova sensibilità delle persone e della politica su questi temi. È passato il messaggio che conviene ai cittadini passare dalla mobilità individuale a quella collettiva e condivisa, molto più conveniente per tanti motivi».
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