Non buttare il bambino con l’acqua sporca. Anche perché, data la materia, il rischio che si corre è proprio quello di ritrovarsi senza acqua o comunque senza la possibilità di migliorare un servizio che in Sicilia, ancora oggi, è costellato di problemi e criticità. Non solo d’estate, non solo per la siccità. L’appello, lanciato nelle settimane scorse dal Forum dell’acqua, affinché non venga cancellato il patrimonio rappresentato dalla legge d’iniziativa popolare sull’acqua pubblica approvata dal 2015, potrebbe trovare nuovo vigore a palazzo dei Normanni dove è in discussione la riforma presentata dal governo Musumeci. Sul tavolo dell’assessora Daniela Baglieri è arrivata una proposta del Movimento 5 stelle che, a dispetto di quanto accaduto in passato, potrebbe trovare una maggiore disponibilità tra i banchi della maggioranza.
I cinquestelle, guidati sul fronte ambientale dal deputato Giampiero Trizzino, chiedono di ritirare il disegno di legge 1066 e rimettere mano alla legge 19. La stessa che, con il pretesto della sua parziale incostituzionalità, finora è rimasta sostanzialmente inapplicata. Nonostante abbia in pancia principi in piena sintonia con quanto deciso dagli italiani nel 2011 con il referendum: dalla sottrazione dell’acqua da qualsiasi finalità lucrativa all’individuazione di un quantitativo minimo giornaliero da garantire a ogni cittadino, indipendentemente dalle morosità. Con la riforma pensata dall’attuale governo i due punti verrebbero tuttavia difesi, mentre tra gli otto articolo che verrebbero abrogati ci sarebbe quello che darebbe la possibilità al presidente della Regione di valutare la possibilità di recedere dal rapporto con Siciliacque, la società mista pubblico-privata che in Sicilia gode di una concessione trentennale e di una reputazione intaccata da tante critiche.
A fronte della rinuncia al disegno di legge, i grillini darebbero la disponibilità a sostenere l’introduzione dell’Autorità idrica siciliana, ente deputato alla gestione di un ambito unico pari al territorio regionale. Si tratterebbe di una novità per un settore che al momento ha nelle Ati – le Assemblee territoriali idriche, soggetti provinciali partecipati dai sindaci – gli organi di gestione, nello spirito di affidare alle realtà locali l’amministrazione dei servizi. Stando a quanto trapela dai corridoi di palazzo dei Normanni, il Movimento 5 stelle darebbe il proprio assenso per un’autorità centrale che svolga una funzione di monitoraggio delle attività delle singole Ati, senza fare di esse dei semplici organi periferici. Uno status che di fatto esautorerebbe le assemblee territoriali idriche della loro autonomia.
In quella che ognuna delle due parti, per motivi diversi, fa fatica a chiamare trattativa, c’è da chiedersi quale sarebbe la contropartita, il vantaggio per il governo Musumeci. La risposta potrebbe essere trovata nelle tempistiche che andranno rispettate in ottica Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza che già in campo idrico – ma in quel caso si trattava delle condotte gestite dai Consorzi di bonifica e quindi dall’assessorato all’Agricoltura – ha portato brutte notizie per la Sicilia. Se per il governo regionale – anche alla luce dei ritardi con cui in più province dell’isola si sono registrati per l’individuazione del gestore unico per ogni ambito – l’istituzione di un’autorità centrale sarebbe un puntello imprescindibile per evitare di farsi sfuggire la possibilità di presentare a Roma i progetti da finanziare, il problema potrebbe arrivare dal calendario: i tempi per approvare una nuova legge, dall’iter parlamentare all’avviamento concreto del nuovo ente, potrebbero rischiare di sforare i termini inclusi nel decreto che prossimamente il ministero per la Transizione ecologica pubblicherà con le linee guida per accedere ai fondi.
Ed è così che la disponibilità del M5s ad accompagnare una modifica alla legge già vigente, magari con un intervento già all’interno della prossima finanziaria, potrebbe tornare utile al governo. Un modo, insomma, per mettere d’accordo tutti a un anno dalle elezioni: i cinquestelle, che potrebbero dimostrare di non avere fatto soltanto ostruzionismo, la maggioranza, che darebbe prova di apertura al dialogo, e gli attivisti che tengono alla difesa di una legge nata dal basso. Con la raccolta delle firme da parte dei cittadini, molti dei quali ancora oggi costretti a vedere nell’acqua un bene di lusso.
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