Acqua del rubinetto e falsi miti «Il calcare non fa male, i filtri invece sì»

Mostrare il sicuro percorso che compie dalle falde fino alle nostre case non basta a liberare la gente dal timore che l’acqua del rubinetto faccia male. Molti sono i falsi miti da cui derivano queste paure. Come quello che vuole l’acqua del rubinetto caratterizzata dalla presenza del calcare e per questo causa dei calcoli renali, con la conseguente convinzione che per poterla bere sia necessario usare degli appositi sistemi filtranti. E nessuno sembra sapere che la salubrità e la pulizia dell’acqua devono essere garantite per legge, non solo per poterla bere ma anche per avere delle case igienicamente pulite, dato che la si usa per lavare pavimenti, panni e piatti.

A stabilire i parametri da rispettare affinché l’acqua del rubinetto sia salubre è il decreto legislativo 31 del 2001, che prevede due tipi di controlli. I primi, interni, devono essere effettuati dal gestore. Sono quelli che la Sidra, la società che fornisce il servizio a Catania, fa routinariamente per controllare la qualità dell’acqua. Con i secondi – gli esami esterni eseguiti dalle Asl – si verifica il rispetto dei parametri che ne decretano la bontà. La normativa non fa riferimento alle acque imbottigliate, sottoposte a una legge differente. «Paradossalmente, se l’acqua minerale uscisse dai rubinetti non sarebbe potabile, perché i limiti dei valori da rispettare per quella del rubinetto sono più bassi», fa notare Danilo Pulvirenti, chimico e membro del forum catanese Acqua bene comune. I valori dei parametri più significativi sono riportati sul retro delle bollette. Vi spieghiamo come si leggono con un’infografica.

I parametri sono di tre tipi: di routine, microbiologici, che riguardano l’assenza di contaminazioni e la presenza di batteri non nocivi, e chimici, che stabiliscono la presenza di metalli pesanti e fitofarmaci. Il parametro più significativo, tramite cui si definisce se l’acqua è minerale, oligominerale, minimamente mineralizzata o ricca di sali minerali è il residuo fisso. La macchiolina bianca che si deposita spesso sui rubinetti, identificata normalmente con il calcare e per molti causa della formazione dei calcoli renali. Un mito da sfatare. Guarda il video.

Non mancano le speculazioni basate sui timori nati dalle false credenze sull’acqua del rubinetto e il calcare. Una fra tutte il costo molto elevato dei macchinari filtranti, che però non risolvono tutti i problemi. Anzi. La scarsa manutenzione può renderli molto pericolosi. I filtri, se non puliti regolarmente, possono diventare delle vere bombe biologiche. «L’acqua è vita – afferma Pulvirenti – Senza l’adeguata pulizia possono formarsi sui filtri batteri molto nocivi per la salute». Lo stesso vale per le caraffe filtranti. Da una recente perizia dei Nas, nucleo antisofisticazioni e sanità, basata su test effettuati sull’acqua prima e dopo il trattamento con il filtro, emerge che l’utilizzo di queste brocche non ne migliorerebbe la qualità. Tanto che per le aziende produttrici si potrebbe configurare l’ipotesi di frode commerciale.

Il cittadino farebbe quindi meglio a fidarsi delle analisi fissate dalla legge, fatte con cadenza stabilita e in base al numero di abitanti, in diversi punti di scorrimento dell’acqua, dalla sorgente fino alle fontane e fino all’ingresso delle abitazioni. Non spetta però al gestore farsi carico, per esempio, del controllo delle vasche in possesso del condominio. Perché la legge dice espressamente che la responsabilità della potabilità è demandata anche a ciascun cittadino, che ha compito di accertarsi che l’acqua arrivi potabile fino alla propria casa. Ci sono infatti degli obblighi che spettano agli amministratori di condominio. Ma di questo parleremo nella prossima puntata.

[Foto di neitherfishnorflesh]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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