Acitrezza, salute del mare è migliore di quel che si crede «Area marina con più pesce, ora volontari per difenderla»

«Se riusciamo a proteggerlo come si deve, questo mare in pochissimo tempo diventerà spettacolare». Checché se ne possa dire, per le oggettive contraddizioni che la caratterizzano e per un senso comune poco propenso a rivedere le posizioni, la previsione riguarda l’Area marina protetta Isole Ciclopi, che ha in Acitrezza l’istantanea più conosciuta. A parlare a MeridioNews è il direttore Riccardo Strada, che l’anno scorso, a questo giornale, aveva confidato speranze e valutazioni di un’esperienza iniziata da pochi mesi e con il fardello delle restrizioni Covid. «Abbiamo dovuto tenere gli uffici chiusi per buona parte dell’estate, confidiamo quest’anno di avere la possibilità di fare molto di più», confida Strada. 

I motivi per mettere in campo l’impegno necessario, d’altronde, non mancano. Motivi che, quando si ha il compito di prendersi cura di qualcosa, spesso coincidono con i problemi da affrontare. Dalla questione inquinamento alla pesca di frodo, da una promozione che passi innanzitutto da una presa di consapevolezza dei residenti sulla fortuna di vivere in un luogo con specificità non semplici da trovare altrove. In tal senso è il caso di partire da una notizia che desterà stupore in chi guarda al mare di Acitrezza e Aci Castello come a un’area con poche speranze. «Abbiamo ricevuto i risultati di un’attività di ricerca condotta in collaborazione con l’Università di Palermo ed è venuto fuori – sottolinea Strada – che la nostra è l’area marina protetta più densamente popolata di pesce tra quelle presenti in Sicilia. Lo studio è stato fatto anche da un punto di vista qualitativo, un censimento sulle tipologie di specie presenti e ha dato risultati interessantissimi».

La scoperta ha di fatto rafforzato il proposito di estendere i confini dell’area marina, progetto che Strada aveva già reso noto l’anno scorso. «Attualmente sono tutelati i fondali con una profondità che rientra tra i cento metri – spiega Strada -, parliamo di una distanza di circa di un chilometro dalla costa. Ci siamo resi conto che questa area non copre le zone in cui certe specie si riproducono quindi sarebbe bene ampliarla – è la proposta di Strada -. Il progetto prevede anche un’estensione oltre Capomulini e a sud fino alle grotte di Ulisse: l’iter è già partito e abbiamo inviato dati bibliogafici e scientifici al ministero per la Transizione energetica. Poi bisognerà coinvolgere gli attori istituzionali ed economici, serve del tempo ma siamo fiduciosi». 

A fronte di questo ottimismo, i problemi non sono di certo spariti. Il primo che viene in mente è senz’altro quello riguardante l’inquinamento e la presenza ancora oggi degli scarichi a mare. «Non sono opere che dipendono da noi ma, completato il collettore che dovrà portare i reflui a Pantano d’Arci – prosegue Strada – sappiamo che si sta lavorando alla realizzazione di cinque stazioni di sollevamento che serviranno a pompare gli scarichi fino al collettore. Ovviamente speriamo che tutto avvenga il prima possibile nell’interesse di tutti». Ciò su cui invece Strada conta di incidere è il contrasto alla pesca di frodo che nell’area marina rappresenta un problema non secondario. «Da marzo ho ottenuto i poteri di polizia giudiziaria e questo significa che agisco come agente di vigilanza. Capita spesso, all’alba e al tramonto, che sia a piedi o in gommone, di presidiare la nostra area di competenza – spiega il direttore -. Effettuo controlli sui documenti e per il momento ho puntato molto sulle opere di sensibilizzazione, avvertendo delle conseguenze a cui si va incontro. Reazioni? A parole ci si imbatte spesso in comportamenti arroganti, in chi difende il diritto a delinquere per l’esigenza di portare il pane a casa ma la maggior parte delle volte ho notato che queste persone hanno smesso di frequentare l’area marina». 

I recidivi però non mancano, complice anche una legislazione che di fatto prevede soltanto multe per i trasgressori: «Ci sono quelli che con il fucile vanno a caccia di cernie, la cui pesca è vietata, e i raccoglitori che saccheggiano il mare di ricci o dei cosiddetti occhi di bue. Il problema con le sanzioni è quando risultano nullatenenti, conosco un soggetto – rivela – che pare abbia una settantina di procedimenti aperti. Adesso è più guardingo, nasconde il pescato nel fondale attendendo che io mi allontani ma gli sto addosso». L’auspicio di Strada è quello di trovare collaborazione in chi ha a cuore l’ambiente. Per questo l’invito è rivolto a chi vuole essere parte attiva nella difesa dell’area marina protetta. «Proprio in questi giorni sto facendo i primi incontri con i volontari. Noi siamo in pochi e le cose da fare sono tante, si tratta di passare dalle parole ai fatti. Le porte sono aperte: giovani, pensionati, cittadini comuni, chiunque voglia dare il proprio contributo è il benvenuto».

Simone Olivelli

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