Acireale, filo spinato in chiesa su tema migranti Il prete: «In est Europa c’è un nuovo Olocausto»

C’è del filo spinato che attraversa l’altare fino al tabernacolo, invece dei soliti drappi bianchi o rossi. Alcune scarpe slacciate sono state appoggiate alla ringhiera del presbiterio, al posto dei più comuni vasetti con fiori o grano verde. Tutta la scena non è spiegata da preghiere, ma da cartelloni con scritte che invitano a riflettere sul tema dell’accoglienza ai migranti. È un altare della reposizione insolito quello allestito nella chiesa di San Camillo, ad Acireale. «Nell’anno della Misericordia bisogna vincere i timori, i pregiudizi e accogliere i nostri fratelli in cerca della libertà», dice a MeridioNews padre Alfredo Maria Tortorella.

Il giovedì sera e il venerdì mattina, nel corso della settimana Santa che porta alla Pasqua, le chiese cattoliche sono aperte ai fedeli per l’adorazione dell’Eucaristia. Ma per quello che in Sicilia viene detto più comunemente giro dei Sepolcri, nella chiesetta del centro storico acese hanno deciso di realizzare una scenografia che trasmettesse un chiaro messaggio: «I fili spinati di Auschwitz e il muro di Berlino sono come quelli messi ai confini dell’est Europa per bloccare i flussi migratori che provengono dalla Siria e dagli altri Paesi in guerra o sotto regime», sostiene Tortorella, giovane prete dell’ordine dei camilliani che si è occupato dell’allestimento. «L’idea è venuta a una nostra parrocchiana e ha subito avuto l’approvazione», racconta.

Appese al filo spinato, conficcate negli spuntoni, pendono fotografie che ritraggono scene di sbarchi, di sofferenze e di umiliazioni vissute dai migranti durante il loro viaggio. «Gesù è dietro le barriere e i fili spinati costruiti dall’uomo – dice il sacerdote – che vanno contro l’insegnamento di accoglienza del Vangelo». Sull’altare, sopra il tabernacolo, pendono due cartelli che prendono spunto dalla Bibbia: «Ero forestiero e mi avete accolto», «Ero forestiero e non mi avete accolto». Per un buon cristiano, secondo Tortorella, «la scelta può essere una sola: tendere la mano per aiutare il prossimo». Evocativa è anche la metafora delle scarpe slacciate: «Rappresentano i piedi scalzi di chi è in cammino verso la libertà. Piedi da lavare, come fece Gesù proprio nel periodo pasquale».

In sottofondo, invece di canti sacri, gli altoparlanti della chiesa diffondono alcune musiche tratte dal film La vita è bella, dedicato all’Olocausto. Sul tema dell’accoglienza la chiesa acese di San Camillo è attiva con aiuti quotidiani rivolti alle persone più bisognose che però, in maggioranza, in questo caso non sono migranti: «Si tratta soprattutto di italiani, ma non mancano gli extracomunitari», spiega il sacerdote. Ogni giorno sono circa 50 i pasti caldi offerti dalla comunità dei preti con l’aiuto dei volontari. Ma è attivo anche il servizio docce e consegna di indumenti. Inoltre, alcune famiglie acesi «ne hanno accolto in casa altre provenienti dall’Egitto», aggiunge Tortorella, di origini napoletane e trasferitosi in Sicilia tre mesi fa. Sarebbe questo il modo «per fare sentire a chi è straniero il calore di una famiglia». 

Marco Di Mauro

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