Aci S. Antonio, perché la casa di riposo è sequestrata Casi di scabbia e maltrattamenti fino al mese scorso

I maltrattamenti ai danni nella casa di riposo Villa San Camillo sono avvenuti fino a poche settimane fa. È questa la convinzione che ha spinto la procura a tornare a chiedere, e stavolta ottenere, il sequestro della struttura amministrata ad Aci Sant’Antonio dal medico Giovanni Marchese. L’uomo, con un passato da assessore comunale, è stato posto ai domiciliari perché accusato di avere continuato a occuparsi della casa di riposo anche dopo essere stato raggiunto dal divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale. Ma la nuova ordinanza di custodia cautelare, siglata dal gip Carlo Cannella, poggia anche su una serie di certificati medici prodotti da specialisti su richiesta dei parenti di parte degli anziani che sarebbero stati vittime dei maltrattamenti.

Alla notizia dell’indagine nei confronti di Marchese e delle lavoratrici Giovanna Coco, Alessandra Di Mauro e Rosaria Vasta, sono stati diversi i familiari che si sono fatti avanti e hanno cercato di vederci chiaro. Figli, nipoti, sorelle, cognati. I pareri, che sono andati ad arricchire il fascicolo in mano alla pm Valentina Botti, raccontano di criticità igienico-sanitarie che si sarebbero protratte fino a tutto il mese di ottobre. Escludendo così che quanto registrato dalle microspie dei carabinieri, tra la fine di ottobre e novembre 2019, sia stata, per quanto deprecabile, un’eccezione. I medici contattati dalle famiglie hanno appurato un caso di scabbia. In un’intercettazione, si sentono le dipendenti commentare il prurito che non aveva fatto chiudere occhio a diversi ospiti e il rimedio con l’olio d’oliva proposto da Marchese.

In un’altra circostanza, un dermatologo ha diagnosticato una dermatite causata dall’uso di detergenti non consoni. Anche a riguardo MeridioNews, nei giorni scorsi, ha raccontato il caso di un anziano che sarebbe stato lavato con detersivo per la lavatrice. Agli atti dell’indagine è finita anche la testimonianza di alcuni familiari che hanno raccontato che, pur avendo fornito alla struttura dei medicinali utili a curare un’infezione alla bocca e al cuoio capelluto, il loro caro non aveva registrato miglioramenti. Al punto di sospettare che i medicinali non venissero somministrati. Marchese, inoltre, è accusato anche di non premurarsi di dare informazioni ai familiari di un uomo che era caduto dalla sedia a rotelle e presentava lividi. Per il gip, l’ipotesi di sequestrare la struttura in un primo tempo non era percorribile per il fatto che i familiari di oltre una decina di ospiti non si erano detti in grado di trasferirli altrove. La decisione è stata rivista nel momento in cui il pericolo di maltrattamenti è stato ritenuto ancora attuale

Intanto emergono ulteriori dettagli su ciò che non andava anche da un punto di vista amministrativo: dai documenti forniti ai carabinieri da Marchese è emerso che soltanto sette dei dipendenti contrattualizzati erano assunti con la mansione di assistere gli anziani. «Dalle ore medie settimanali di lavoro previste – commenta il gip – risulta impossibile che gli stessi potessero ricoprire i turni dell’intero arco della giornata». La conseguenza, in tal senso, è che a badare agli ospiti era anche il personale – tra cui le indagate Coco e Vasta – assunto come addetto alla pulizia. La struttura, inoltre, avrebbe accolto un numero di ospiti – ogni retta mensile superava i mille euro – superiore a quello consentito: a fronte, infatti, di 24 posti letto sono state trovate, a fine ottobre, 30 persone. Delle quali 13 non autosufficienti. Tra gli ospiti, infine, c’erano anche persone con patologie psichiatriche, e questo nonostante la casa di riposo non fosse autorizzata a ospitarne, non essendo una Rsa.

Simone Olivelli

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